Forum radicale, 23/2/2003
Non vorrei fare l'elenco delle "ovvietà" ma forse è il caso di pensare seriamente ad una situazione che è sotto gli occhi di tutti e proprio per questo ignorata: -Le 25 pdl sono un fallimento -50.000 mila firme potevano essere l'obiettivo di Roma ai tempi dei referendum, oggi non sono immaginabili nemmeno in sei mesi su tutto il territorio e nonostante i lanci televisivi. -I debiti o meglio le ripartizioni di cassa dei soggetti radicali sono insoluti. -Il congresso, sia per il numero dei partecipanti sia per gli obiettivi, somiglierà all'assemblea di una associazione piuttosto che all'adunata di un partito "mondiale". -considerando RR e i forum sono in maggioranza alimentati e tenuti in vita da ex (squatter, rancorosi, critici, delusi, dissidenti ecc..) piuttosto che da radicali convinti grintosi e operativi. -I dirigenti sono paragonabili ad un prestigioso club del golf con la differenza che gli appassionati lo frequentano, al contrario le riunioni romane di partito cominciano con un l'appello degli assenti piuttosto che presenti. -Gli iscritti sono il frutto della tattica di sfinimento del call center a cui si aggiungono pochi affezionati e nostalgici, e questo non si può certo definire "zoccolo duro" di un partito. -I leader: una a studiare l'arabo e l'altro sulla soglia più fuori che dentro. Potrei continuare ma diciamo che l'agonia è cominciata però a tutti dispiace e alcuni come me vorrebbero non tanto scontrarsi con l'ottusità dei Dentamaro ma ? La logica della critica costruttiva costringe a proposte alternative però il contesto non consente di immaginare soluzioni salvifiche. E' forse il momento del bilancio fallimentare politico ed economico, il momento della scissione democratici-nonviolenti, il momento della liquidazione di tutti i soggetti, il momento di raccattare quel poco che resta (RR, Caino, 7 europei, 5 regionali) e volare basso senza pretese di rivoluzione, soprattutto è il momento dei curatori fallimentari sia economici che politici, mandare in vacanza gli attuali cento e passa del comitatone e restringere al classico modello organizzativo di un presidente e un consiglio ristretto di eletti . Non più mozioni programmatiche di largo respiro, voli pindarici sull'elettorato potenziale, semplicemente la gestione del poco ma reale e una iniziativa alla volta. Credo che riconoscere il fallimento, sia lindispensabile primo passo per la ripresa.