Caro
direttore,
la batosta di domenica impone una riflessione sulla via referendaria
allinstaurazione del liberalismo in Italia. E sul futuro del partito radicale che
non può semplicemente dire ai suoi elettori ci sciogliamo, arrivederci e
grazie.Nel corso degli anni i migliori ci hanno già abbandonato: da Teodori e
Mellini, dalla compianta Aglietta a Negri, da Taradash a Vigevano a chissà quanti altri
che adesso non ricordo. Troppo facile pendersela con il padre padrone, Marco Pannella e
con la sua cupio dissolvi. Non è più possibile che un partito con idee
politiche che valgono sicuramente il 10% su base nazionale scelga di autorestringersi in
una setta di rimborsisti-rimborsati che acclamano per alzata di mano le
mozioni dellErgife. La definizione rimborsisti-rimborsati è del noto
radioradicaldipendente Alberto da Pescara, e sta a significare la totale mancanza di
democrazia interna al movimento radicale.Dopo lultima fiammata della campagna per la
giustizia giusta, infatti, dal 1989 in poi, il dirigismo pannelliano ha cominciato a
stufare un po tutti: prima il partito transnazionale e transpartito che ha avuto
lunico effetto di far transitare Rutelli dai verdi e Negri dal Psdi e di trasformare
il partito radicale in una delle tante inutili ong dellOnu.Poi
lincomprensibile pensata degli autoconvocati delle 7 del mattino, che ha dato il
destro ai nemici dei radicali di assimilarli ai tanti ladroni, veri o presunti,
dellultimo parlamento della prima repubblica.Poi la nascita della lista Pannella,
escamotage per dare dignità politica allegocentrismo del suo padre fondatore.Infine
queste campagne referendarie per cui il movimento si è svenato, raccogliendo in cambio
quello che in un film di Quentin Tarantino verrebbe definito un cazzo di
niente. Totale oggi, ci sono grosse probabilità che Pannella e
Bonino lodissea del 2001 se la vadano a fare nellospizio.Padronissimi quindi
di ripresentare altri 97 referendum, tra cui quello per abolire il trapano dal dentista o
la ricevuta fiscale al ristorante, ma noi, orfani laici di un partito che ci lascia alla
mercé di canaglie democristiane e di una teocrazia imperante, a quale santo dobbiamo
votarci?E non ci vengano a dire le varie Rite Bernardini o chi per loro che lunica
possibilità di fare politica sta in una militanza non retribuita che consiste nel
raccogliere inutili firme per referendum che o la Corte Costituzionale prima o
limperante partitocrazia poi renderanno innocui.Oramai o si emigra o si cambia, e se
come io credo le idee radicali hanno in Italia grosse potenzialità politiche, si abbia il
coraggio, invece di nascondersi dietro triti slogan tipo o lo scegli o lo
sciogli o dietro scioperi della fame o della sete, di entrare a pieno titolo
nellagone politico per fare da contrappeso ai troppi democristiani che dentro e
fuori da Forza Italia hanno preso il sopravvento in Parlamento. Sciogliamo la setta,
dunque, e rifondiamo il partito.
Dimitri Buffa
dimitribuffa@tiscalinet.it