Massimo Lensi

10-Ott-00

Lettera aperta alla Direzione dei Radicali

dal Forum riservato ai registrati di www.radicali.it

Per Marco Pannella, Emma Bonino, Sergio Stanzani, Maurizio Turco, Rita Bernardini, Sergio D'Elia, Benedetto della Vedova, Marco Cappato, Danilo Quinto, Daniele Capezzone.

I Radicali e Lotta Continua ovvero piccoli equivoci senza importanza

"I barocchi amavano gli equivoci. Calderon e altri con lui elevarono l'equivoco a metafora del mondo. Suppongo li animasse la fiducia che il giorno in cui ci desteremo dal sogno di essere vivi, il nostro equivoco terreno sara' finalmente chiarito. Auguro loro di non aver trovato un Equivoco senza appello. Questo, comunque, si vedra'." (Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza).

Rimini, novembre 1976: alla conclusione di un lungo, esasperato, congresso Adriano Sofri, leader carismatico di Lotta Continua, prese la parola e di fronte alla platea dei delegati del partito annuncio', forse senza ancora intravederlo concretamente, quel processo politico interno che successivamente prese il nome di 'dissoluzione organizzativa'. Lotta Continua aveva subito il 20 giugno dello stesso anno una decisiva sconfitta elettorale, percepita immediatamente dai militanti di LC come la fine di un intera epoca. Sofri, tra l'altro, disse: "Una volta, quando facevo il ganzetto, mi piaceva moltissimo l'espressione di uno che faceva il filosofo di mestiere, che diceva: ne' ridere, ne' piangere, ma capire. Piu' tardi ho avuto la sensazione netta che si trattasse della piu' grande stronzata che avessi mai sentito nella mia vita e che il problema era esattamente di ridere, piangere e capire. In questo congresso mi pare che tutti siano tornati a ridere a piangere e capire".

Il quotidiano Lotta Continua il giorno seguente titolava 'Apriamo ovunque le contraddizioni. Portiamo ovunque la ricchezza del nostro congresso'. Il partito si spense in quelle giornate riminesi passate a piangere, ridere e capire... Rimase solo il quotidiano per alcuni anni ancora.

La convocazione, in quel novembre 1976, del II. ed ultimo congresso di Lotta Continua, dette la possibilita' al gruppo dirigente di uscire dal decennale percorso rivoluzionario e dalla sua inadeguatezza. Luigi Bobbio nella sua 'Storia di Lotta Continua' (Feltrinelli, 1988) scrive: "La crisi della militanza e' l'espressione di un malessere antico, iniziato molto tempo prima, quando l'adesione alla politica come 'scelta di vita' aveva cominciato a separarsi dalle ragioni e dagli impulsi originari che l'avevano determinata (la ribellione, il movimento) per diventare attivismo e mestiere (pag.172)" ed ancora: "Lo scopo di Sofri e' quello di salvare la continuita' dell'organizzazione (pur nel terremoto), sbarrando la strada a una riflessione sugli errori politici di Lotta Continua e aprendo (con giudizio) la discussione sul 'vissuto' dei compagni e delle compagne (del resto la segreteria nazionale ha gia' ufficialmente proposto - con un gesto che risultera' assai impopolare - i nomi dei compagni che dovranno sostituirla) (pag.175)".

Certe volte la regola dei corsi e ricorsi della storia prende i colori del fantastico e del surreale. Anche equivocando. Ma certe volte accade. Modificando le condizioni politiche, i tempi storici e la situazione contingente, mi sembra di poter affermare che il Movimento radicale negli ultimi mesi ha ripercorso, volontariamente o meno, la stessa strada di Lotta Continua. Due sconfitte elettorali, la successiva analisi di 'non sconfitta' ma solo 'battuta d'arresto', l'incapacita' della militanza (e di parte del gruppo dirigente) di aprire una vera riflessione interna e la ripresa della lotta del movimento sotto la forma di 'avanguardia rivoluzionaria'.

Alcune domande sorgono spontanee. E' veramente questo il processo in corso? E' possibile un franco dialogo con la dirigenza radicale (la leadership) sui futuri assetti ed obiettivi dell'organizzazione? E' prevedibile lo scioglimento (dissoluzione) del movimento come ipotesi di lotta? E' plausibile pensare ad un boicottaggio alle prossime elezioni politiche?

Ieri come oggi la situazione politica non e' mutata: due 'poli' oggi, due partiti (PCI e DC) egemoni allora, compromesso storico allora, par condicio oggi. E conseguente blocco dell'accesso all'informazione. Emma Bonino all'ultima riunione del Comitato ha detto - cito a memoria -: "piu' o meno mi sembra che da trent'anni a questa parte la situazione non sia cambiata e che noi ci troviamo sempre a dire le stesse cose di allora". Vero, ma con una differenza sostanziale: il partito, la 'Cosa', (radicale) da pragmatico (ed annuale) si e' nel frattempo trasformato in ideologico e rivoluzionario (liberista) e quindi e' costretto ad affrontare internamente un nuovo tipo di analisi e una differente forma di confronto con l'esterno. Le masse non esistono piu'. Oggi altre forme di aggregazione sociale prendono vita, ma pur sempre si parla di 'blocchi sociali', di Terzo Stato come elemento fondante e 'praticante' di una Rivoluzione Liberale ('Rivoluzione' che brutta parola! Evoca i gulag sovietici, i laogai 'culturali', le ghigliottine francesi e i tanti Minculpop. Ma poi cos'e' la Rivoluzione? Un piu' preciso patto, una confessione che sigillar si vuole, un apostrofo roseo messo tra i tanti 'ismi' di questi ultimi secoli, tutti defunti, tranne uno: il liberismo. E per dirla sempre con Rostand: 'Ancora un poco, un poco solo ancora, vedrete: non c'e' dal pianto alla 'rivoluzione' che un brivido'.)

L'ultima riunione del Comitato ha approvato quattro mozioni (quattro possibili commissioni alla prossima 'Assemblea' e quattro liste?) tematiche (informazione, transnazionale, riforma elettorale, organizzazione) dando l'impressione che piu' di un movimento rivoluzionario si tratti ormai di un processo senza forma dove la 'mediazione politica' diviene centralita' metodologica. Se e' vero che molte similitudini di natura antropologica esistono con il periodo precongressuale di LC, e' altrettanto vero che la differenza sta proprio nel metodo. Sempre di 'mediazione politica' pero' si tratta, ma con differenti sfumature. I rivoluzionari radicali puntano il dito contro la fascistizzazione delle istituzioni e la degenerazione del sistema dei partiti, ma ad essi chiedono sostegno contro la richiesta di espulsione dall'ONU da parte della Federazione Russa e per l'introduzione nella finanziaria di una voce di 15 miliardi (al posto dei 10 attuali) per il rinnovo della convenzione di Radio Radicale (nonostante i progetti di privatizzazione in corso della RAI). L'interlocutore per Sofri era il PCI, per Pannella il blocco dei partiti nel suo insieme.

Pannella non vuole rivoluzione, come non la voleva Sofri. Pannella mira ad ottenere per se' il massimo di successi che la muffa politica dei partiti, dei blocchi sociali, delle istituzioni gli puo' concedere. Bonino alto commissario UNHCR, pattuglia di deputati 'rivoluzionari', l'ultima convenzione per RR e forse anche qualcosa di piu'... Il fronte della mediazione lo apre e lo chiude riproponendo la centralita' della battaglia sull'informazione ed invitando alla lotta come 'vissuto e conoscenza': scioperi della sete, della fame. Evocando la lotta nonviolenta senza pero' praticarla? Fa dell'avanguardia della dirigenza la sua consolle di comando. La politica radicale si trasforma in comunicazione mediatica (questo porto' al risultato dell'8 per cento alle europee, ma costo' anche molto. La raccolta di firme sui 20 referendum non fu momento di lotta, ma costo' molti miliardi tra interinali e comunicazione pubblicitaria).

Ed il movimento? Un passo della mozione Stanzani approvata all'ultima riunione del Comitato e' assai illuminante: " Qualora si rendesse necessario modificare in parte, o tutto, il calendario degli appuntamenti fissati con il voto odierno del Comitato, e' delegata alla Direzione tale decisione."

Il Comitato delega alla Direzione l'unica materia organizzativa che gli e' propria. E la stessa Direzione si allarga, su invito (sic) del Comitato, con altri quattro dirigenti necessari a darne pienezza operativa sia in sede politica che in quella organizzativa. Non a caso sono stati invitati a farne parte i due dirigenti che piu' di altri hanno tessuto il movimento, organizzandolo per le raccolte firme e per le campagne elettorali: Maurizio Turco e Rita Bernardini. Con gli altri due 'nuovi' membri, Marco Pannella ed Emma Bonino, la Direzione e' teoricamente completa. E chi ne e' fuori? Assiste. Un movimento, pur piccolo, pero' serve eccome, non tanto per porre in essere iniziative ed ipotesi di lotta politica, quanto per consentire alla Direzione-Avanguardia la presentazione di liste alle prossime elezioni: serve, in breve, a raccogliere le firme. Ma anche il Comitato passa in secondo piano, essendosi ormai concluso il suo ruolo: legittimare la nuova Direzione-Avanguardia.

Pannella con l'analisi post-elettorale, la cosiddetta non-sconfitta (la colpa e' di Berlusconi del 94, i sondaggi ecc.), ha impedito qualsiasi riflessione 'aperta' sulle vicende (interne) a seguito delle burrascose prove del 16 aprile e del 21 maggio, ha legittimato, con la prassi delle auto-convocazioni parlamentari, il Comitato (e solo la Grundnorm Pannella ha questo potere come 'suprema fonte interna di diritto'), che a sua volta ha 'invitato' la formazione di una Direzione-Avanguardia dalle caratteristiche essenziali per continuare la strada intrapresa, senza battute d'arresto di natura critica. A questo punto la trasformazione del Comitato in persona giuridica ai sensi del codice civile (o con uno statuto vero e proprio) assume i toni della 'farsa utile'. La convocazione di una riunione allargata (a tutti...) del Comitato senza pero' possibilita' di voto 'reale' e di presentazione di documenti vincolanti e', per altro verso, la cartina al tornasole che rivela la muffa radicale con fini di 'mediazione politica'. La metafora del rinnovo (rivoluzionario-servizio pubblico) della Convenzione per RR fa il resto. La democrazia interna non solo non ha senso, ma si andrebbe a scontrare con una logica molto precisa: la rappresentanza rivoluzionaria. Un gruppo di partigiani non ha bisogno di votare per decidere se agire o meno. Il dubbio e' che pero' non di partigiani si tratti, ma di un gruppo del Palazzo, dove la mediazione politica sublima la mediazione di potere. Un po' come se gli stessi partigiani chiedessero viveri, armi e munizioni allo stesso regime fascista che intendono, a parole, combattere. Altre volte ho affermato che, nonostante gli effetti collaterali, questa via e' legittima. E lo ripeto. Forse e' anche l'unica forma di sopravvivenza istituzionale per i Radicali della Direzione, per rimanere a galla nella palude italiana. Cio' che si chiede e' solo una cosa: aprire una vera riflessione interna, senza rete, dove si possa mettere sul tavolo del gioco anche lo stesso futuro del movimento. In altre parole: un congresso od una assemblea con poteri decisionali vincolanti. Ora pero'! Non dopo le elezioni politiche. E nemmeno attraverso l'allargamento-aggiustamento del Comitato (con liste pilotate dalla Direzione e forse gia' belle e fatte...).

La storia si ripete? In un articolo, apparso il 9 giugno 1898 sulla prima pagina de "La Stampa", Ernesto Ragazzotti, giornalista e poeta, nota come l'anima moderna sia un'anima febbricitante: "E' la veemenza, l'impeto vertiginoso delle nostre mille dinamo, delle nostre mille turbine che si sono trasfuse in noi? (...) Checché si faccia, a furia di trovarsi viso a viso colla corruzione, o si finisce per esserne nauseati, e allora ci si isola e si è al di fuori di ogni movimento della vita attuale, o si finisce per abituarvisi, e per inerzia, a poco a poco per concessioni, si conchiude con l'essere presi nell'ingranaggio e col cadervici dentro. Costretto a parlare continuamente, anche pel continuo bisogno di stordirsi, l'uomo oggi si è ridotto a sostituire la parola all'idea e la frase al sentimento. L'anima diventa una laringe. E ciò è tanto nello spirito moderno che le nazioni stesse hanno sentito il bisogno di crearsi degli apparati vocali: i Parlamenti.". Sono passati piu' di cento anni dalla pubblicazione di questo articolo che pero' rimane per molti versi, come tutta l'opera di questo scrittore del Lago d'Orta, visionario e preveggente.

Lotta Continua lascio' l'eredita' della dissoluzione organizzativa alle pagine del suo quotidiano. Anche il Partito Radicale avrebbe questa possibilita' con Radio Radicale. La 'Rivoluzione Liberale', come parola d'ordine, ha il compito pero' di scavare un tracciato affascinante di richiami ed evocazioni di giustizia, utili e funzionali a captare il quattro per cento. La Rivoluzione Liberale e' amante vogliosa e un po' puttana. Ma buca la rappresentanza sociale, allontana i ceti sociali di riferimento per difetto di comunicazione. Si adatta mollemente alle leggi elettorali, tutte, scorporando i vizi privati e le pubbliche virtu' di antiche lotte radicali. Si colloca neutrale per raggiungere l'obiettivo: la pattuglia di deputati eletti. Vive di espedienti camuffati come lotta politica. E' un giocattolo, costoso, per pochi intimi. Per dirla con Jonathan Swift: "La Menzogna Politica e' l'arte di convincere il popolo, l'arte di dare a intendere delle falsita' salutari, e tutto cio' per qualche buon fine" (L'Arte della Menzogna Politica, 1733).

Tutto cio' ha un solo preciso scopo, anzi due. Se da un parte e' importante chiarire, secondo analisi ovviamente opinabili e confutabili, che anche i radicali sono parte integrante del Palazzo e soggetti di mediazione politica come arte di benefica menzogna, dall'altra e' utile a riaffermare, ancora una volta, che di elezioni on line non si sta discutendo, ma bensi' di assestamenti organizzativi come quelli che portarono Sofri, nel 1976, a intraprendere, forse senza saperlo, la strada della dissoluzione del partito. Ma almeno LC convoco' un congresso e non una Direzione allargata senza possibilita' di voto... Anche se verra' declamata ai quattro venti come Assemblea Nazionale. E potrebbe anche darsi che l'arte della menzogna aiuti la Direzione fino al punto di concedere all'Assemblea il lusso di votare una 'mozione orientativa non vincolante'.

Cara Direzione,

perche', ti domanderai, ritengo utile rompere un po' i coglioni? Pur sapendo che i miei pensierini sono semplici riflessioni di un uomo qualunque, di mezza eta', con poca esperienza della politica e delle sue meraviglie. E che sono solo 'flatus voci' di fronte alle Grandi Strategie e alle Grandi Fasi Costituenti.

La ragione e' semplice. Non e' per divertimento o protagonismo, ne' per critica fine a se' stessa che mi immolo al delirio interno, e nemmeno perche' la morbosa tentazione di spiare dal buco della serratura sia piu' forte di qualsiasi positiva propensione al suggerimento. Niente di tutto cio'. Rivendico solo la mia natura antipatica e il mio diritto a scavare buchi nella sabbia. Non e' vero che siamo nati per soffrire e contro i "canti nauseabondi del Dio progresso", contro l'etica del lavoro (politico e 'rivoluzionario') rivendico l'ozio: come medicina per combattere la noia di questa politica, e di questi noiosi radicali che quotidianamente offrono al mondo il loro lessico di mediazioni. E con Lessing mi trovo concorde nell'affermare: "Diamoci all'ozio in ogni cosa, fuorché nell'amare e nel bere, fuorché nell'oziare". Ognuno lavora come crede, anche d'immaginazione, e non e' lavoro da tutti...

Piu' che un rammarico per quanto ho scritto e' un rimpianto per cio' che non potro' mai leggere. Ma sono e rimarranno solo piccoli equivoci senza importanza...

Buon ozio anche a voi, cari compagni e care compagne della Direzione, e scusate l'umile ingenuita'.