Gianfranco Pasquino

Il Riformista, 21 Gennaio 2003

RADICALI. IL NODO DELL'ACCETTAZIONE DEL BIPOLARISMO


Pannella, i diritti e il liberale sbagliato


È sempre utile ricordare i meriti storici dei radicali, di Marco Pannella e di Emma Bonino, relativamente a tutte le battaglie, nazionali e internazionali, in tema di diritti civili. E' giusto e importante dire e ribadire che senza le battaglie radicali questo paese sarebbe giunto molto tardi e con molta maggiore fatica a proteggere e promuovere alcuni decisivi diritti individuali. E, tuttavia, il problema, dei radicali e di parte della sinistra, è proprio che i meriti dei radicali sono "storici", stanno, cioè, nel passato che oggi possiamo dare per acquisito e, da troppi, anche dimenticato.
Nessuna forza politica può, però, vivere di rendita, su un passato glorioso, tantomeno lo può fare se è una forza politica da sempre molto minoritaria. Eppure, lo spazio per crescere i radicali lo hanno avuto in un momento cruciale della storia recente dell'Italia, vale a dire quando il Pds stava cercando di diventare altro da un partito comunista che aveva cambiato nome, ma non dirigenti, e la Dc era entrata nella sua crisi terminale, vale a dire nel periodo fra il 1993 e le elezioni del 1994. Invece, la scommessa radicale, se era tale, di rendere la destra italiana moderna, liberale e non soltanto liberista, davvero disposta a promuovere i diritti, fallì rapidamente.
L'errore, però, era in nuce: davvero era possibile pensare che quell'imprenditore semi-monopolista di nome Berlusconi, con la sua storia, già nota, aveva qualche chances di fare una politica liberale? Non sarebbe stato meglio cercare di rendere liberale la coalizione, allora, di sinistra, oggi di centro-sinistra? Una coalizione che, per quanto diversificata e litigiosa, ha, tuttavia, una visione generale più potenzialmente liberale, più europeista, più internazionalista? Invece, sembra che Pannella, in questo certamente molto vicino ai leader di sinistra, qualche volta voglia fare emergere il suo ruolo personale piuttosto che concordare politiche specifiche. Paradossalmente, anche il suo "personalismo" ha tratti molto diffusi nella sinistra italiana.
Come ha scritto giustamente Giovanni Cominelli sul Riformista, il bipolarismo, certo un po' sgangherato, che l'Italia ha conseguito, a Pannella non sembra andare bene quasi soltanto perché non è il "suo" bipolarismo. Ma è proprio il bipolarismo che lo obbliga a scegliere fra le due coalizioni, come d'altronde lui stesso auspicava, dando agli elettori un potere politico decisivo. Rifiutando di "giocare" con le regole di questo bipolarismo, i radicali sono sostanzialmente usciti di scena. Certamente, continueranno ad avere alcune buone idee (e altre molto meno buone, provocatorie, fini a se stesse), ma avranno sempre meno influenza politica specifica. Eppure, i partiti radicali, questo partito radicale ha la possibilità almeno teorica di svolgere compiti importanti nel confronto con la sinistra.
Quante battaglie radicali sono state vinte con il decisivo apporto dell'elettorato di sinistra, a cominciare da alcuni referendum degli anni Settanta e Ottanta? Quanti di noi, elettori di sinistra, laici, riformisti, possono e, anzi debbono, definirsi "anche" radicali? Senza la sinistra, i radicali avrebbero fatto molta meno strada nella politica italiana. Senza i radicali, alla sinistra mancano non soltanto voti che potrebbero essere decisivi, ma anche qualche idea e qualche stimolo che, in special modo in questa fase, sarebbero davvero utili.
Se non rientrano rapidamente in gioco, i radicali si condannano all'impotenza e, addirittura, all'estinzione e, al tempo stesso, finiscono per rendere la vita della sinistra, in particolare di quella dei riformisti nella sinistra, più difficile, più dura, più grama.

 

La nuova rissa di Pannella &

Radicale e gentiluomo

Filippo Ceccarelli

Panorama, 16/3/1986

Amicizie decennali che si spezzano, amori che finiscono male, malissimo. Insulti, recriminazioni, risse sugli alimenti.
Quando deve attaccare Franco Roccella, vecchio amico e compagno di battaglie, Marco Pannella non ne fa nemmeno il nome. Dice: "Un povero essere attorcigliato agli emolumenti", parla di "una vita politica fallimentare e umiliante", ricorda che "quando sta per essere acchiappato, lo scippatore approfitta della confusione e si mette a gridare 'al ladro', 'al ladro'".
Roccella risponde duro all'antico compagno dell'Ugi, all'uomo che per tanti anni, ormai lontani, e' stato considerato quasi il suo figlioccio spirituale. Si difende cosi': "Pannella vuole distruggermi, mi infanga, deforma la mia immagine. Mette da parte il dissenso politico e mi tratta come un immorale e come un pazzo. Se avesse il potere mi farebbe rinchiudere in una clinica".
Cronache viscerali dal mondo radicale, vicende prepolitiche, politiche, psicopolitiche: "Attacco Roccella per il suo bene. "Come un fratello dentro una famiglia", spiega Pannella "Se fossi accondiscendente sarebbe peggio. Il partito radicale non e' la mafia".
"Gia', "ribatte amaro Roccella, "anche l'Inquisizione bruciava gli eretici per salvargli l'anima". Roccella, subentrato come deputato a Giovanni Negri nell'ottobre '84, non vuole dimettersi dal seggio di deputato, preferisce lasciare il gruppo parlamentare.
Anche un altro deputato, il milanese Marcello Crivellini, ex tesoriere del PR, trova ingiusto il sistema e le eccezioni previste (oltre a Pannella non ruoteranno ne' il capogruppo Francesco Rutelli ne' Massimo Teodori, la cui uscita dal Parlamento farebbe subentrare Sergio Turone, primo dei non eletti ma dissenziente). Pur assicurando che a settembre abbandonera' Montecitorio, Crivellini si e' dimesso dal partito contro l'"editto monarchico" del segretario Giovanni Negri. Anche nel suo caso si e' sfiorato lo psicodramma.
Per anni Pannella e Crivellini hanno lavorato gomito a gomito, ma da Bruxelles Pannella ha telefonato in diretta a Radio radicale prendendosela contro questo "signorino, questo farfallino" (Crivellini usa sempre il papillon) che sta per ottenere una cattedra universitaria.
In nessun altro partito gli scontri interni si presentano cosi' densi di ragioni politiche e personali, di contrasti laceranti, di rancori e vicende messe in piazza senza tanti riguardi per i protagonisti. Il caso Roccella, al di la' delle ragioni politiche ("Per quattro congressi ho fatto l'opposizione a Pannella", dice lui; "E' solo cronaca nera", ribatte il leader radicale) si treascina appresso un poco edificante retroscena con risvolti anche economici.
"Roccella non fa niente in Parlamento", accusa Rutelli, "ogni richiamo e' inutile". Per mesi Roccella non versa la quota di stipendio che ogni deputato radicale si e' impegnato a lasciare al partito. Lettere, perorazioni, inseguimenti, richieste di dimissioni, scontri quasi fisici.
Alla fine Roccella salda il debito (38 milioni), ma la rottura e' definitiva. (...) Il dissenso radicale esplode periodicamente in modo quasi fisiologico. "Raramente ho conosciuto tanta intolleranza come all'interno dell'universo radicale", ricorda Marco Boato, eletto deputato radicale nel '79 e scappato nell'82.
Nel congresso '77 a Bologna Teodori, dopo uno scontro con Spadaccia, comunica in lacrime la sua rinuncia alla candidatura a presidente del consiglio federale. E' tradizione che con enorme disinvoltura volino insulti sanguinosi. Gli oppositori vengono pubblicamente qualificati da Pannella "lanciatori di merda". Spesso i radicali continuano le battaglie interne davanti ai giudici. Adelaide Aglietta denuncio' Angelo Pezzana che l'aveva accusata di gestire il partito in Piemonte "con metodi mafiosi". Nei congressi Pannella, leader troppo carismatico e autoritario, finisce spesso sotto accusa, ma da politico consumato e trascinante oratore sconfigge e mortifica personaggi come il professor Caputo, l'avvocato Taramelli, o se la vede con il trio Laurini-Ercolessi-Ramadori.
Querele, accuse personali, lacrime.
La ex suora Marisa Galli molla nell'81 il seggio da parlamentare, e i radicali ne sottolineano "i gravi limiti e problemi". Poi e' la volta di Aldo Aiello, che definisce i radicali "una casta sacerdotale". L'uscita di Franco De Cataldo, fraterno amico di Pannella, e' accompagnato da scambio di accuse feroci con tanto di giuri' d'onore. L'ex segeratrio Geppi Rippa esce minacciando querele, Boato e' querelato, per ultimo abbandona Mimmo Pinto che in congresso parla di "gioco al massacro" e aggiunge: "Tutti gli amori finiscono, ma non sempre cosi' male, a suon di avvocati, liti giudiziarie, risse pubbliche..." Con Roccella, amico dagli anni 50, e con Crivellini, la storia psicopolitica del dissenso radicale si ripete.