La Comunità Israelitica di Senigallia
Dall'Archivio storico della Comunita' israelitica di Senigallia:
a cura di Silvia
Antonucci
Le prime notizie di ebrei a Senigallia sono del XV secolo, come risulta da un
documento del 1425: "la comunità di Senigallia accolse l'istanza dell'ebreo
Sabbatuzio intesa ad ottenere l'autorizzazione a gestire per 10 anni un banco di prestiti
su pegni". Molti elementi autorizzano a ritenere che vi siano stati ebrei anche
precedentemente; infatti fin dal 1200 nella cittadina si svolgeva la famosa
Fiera della Maddalena, momento centrale per gli scambi commerciali; probabilmente ebrei di
Ancona, la cui presenza già da oltre due secoli era consolidata in città, e quelli di
Fano, che troviamo nella cronaca di un naufragio del 1214, vi parteciparono. Nel XIV
secolo abbiamo testimonianze di banchieri ebrei nella cittadina. Nella prima metà del
'400, sotto la Signoria dei Malatesta, è attestato a Senigallia la presenza di un piccolo
numero di ebrei alcuni dei quali erano prestatori di denaro; era stato proibito agli ebrei
di percepire un interesse maggiore del 10%. Dai documenti risulta che nel 1439 prestavano
su pegno Sabbatuzio, Caio di Aleuzio, Abramo di Dattolo, Aleuzio di Leone e Daniello
Cadauto di Ferrara. Nel XV secolo il numero degli ebrei andò aumentando.
Nel 1451, per circa 15 anni, a causa delle prediche antiebraiche dei frati minori
francescani, la libertà degli ebrei fu limitata. In seguito all'istituzione del Monte di
Pietà, il comune revocò tutti gli accordi agli ebrei, ma i prestatori continuarono a
lavorare essendo il Monte insufficiente all'economia cittadina per il suo carattere
puramente assistenziale. Per favorire il Monte, il vescovo Castelli decretò il divieto di
accettare pegni dagli ebrei. Nei primi decenni dell' '800 il Monte fu chiuso e venne
riaperto nel 1833. Nel XVI secolo furono emessi dalla Chiesa decreti contro gli
ebrei (sotto il feudo di Sisto V e sotto i Della Rovere nel 1474) consistenti nella
proibizione di uscire negli ultimi tre giorni della settimana santa o di lavorare nelle
festività cristiane.
Nel 1508, con Francesco Maria I, i Della Rovere divennero Duchi di Urbino e gli ebrei
passarono un periodo relativamente calmo (le imposizioni a cui dovevano soggiacere erano
una tassa annua a favore del principe e l'obbligo di portare il segno giallo "perché
siano conosciuti per ebrei", non molto rispettato dato il ripetersi dei bandi che ne
sollecitavano l'osservanza). Trai i primi atti del giovane Duca vi fu quello di emettere
un bando sul comportamento degli uomini e delle donne di questa Comunità per evitare
disordini.
Agli inizi del '500 la Comunità israelitica cittadina contava circa 10 famiglie.
L'occupazione più diffusa tra gli ebrei era la gestione dei banchi di cambiamonete,
affollati soprattutto durante la Fiera di Senigallia. Un documento riporta il caso
particolare di un ebreo che cercò di ottenere dal Duca di Urbino il privilegio esclusivo
dell'esercizio del cambio, suscitando la reazione dei suoi colleghi che si rivolsero ad un
rabbino per sapere se dal punto di vista legale poteva essere considerato lecito
ostacolare così il lavoro dei correligionari; il rabbino rispose negativamente.
Alla metà del '500 l'Università degli ebrei di Senigallia contava poche decine di
famiglie. Dopo il 1556, a causa delle persecuzioni di papa Paolo IV, i marrani dello Stato
della Chiesa fuggirono e trovarono rifugio presso Guidubaldo, duca di Urbino, a Senigallia
ed a Pesaro. Il Duca sperava che il commercio dirottasse tutto su Pesaro, ma ciò non
avvenne ed alla fine del 1557 i marrani dovettero di nuovo andarsene. Il 17 aprile 1565 il
Duca Guidubaldo obbligò gli ebrei a vendere, entro due mesi, tutti i beni immobiliari;
l'esecuzione fu mite (in un documento è scritto: "si concede che Aliuccio hebreo si
possa tenere le possessioni ch(e h)a"). La popolazione ebraica doveva essere
notevolmente aumentata se il 16 dicembre 1567 venne chiesta al duca di Urbino
l'autorizzazione per acquistare un terreno per il cimitero presso S.Maria del Portone
(già nel 1512 ne era stato acquistato un altro in "campo vecch io del
Portone"). Il terreno del cimitero era l'unico bene immobile che gli ebrei potevano
acquistare e possedere. Nel 1569 Pio V fece espellere altri ebrei che si rifugiarono
del territorio ducale, da cui furono cacciati tra marzo ed agosto 1571. Nel 1591 gli ebrei
di Senigallia erano un centinaio. Con la bolla del 1604
Clemente VIII garantì il diritto dello Jus Chazakà (inquilinato perpetuo) e concesse
l'aumento della pigione soltanto in caso di miglioramento. Bisogna sottolineare il fatto
che agli ebrei era vietato
il possesso di immobili, essi potevano però usufruire dell'inquilinato perpetuo ed usarlo
anche come bene effettivo, ad esempio come dote. Il verbale del Consiglio del 3
aprile 1610 riporta che si discusse
"sulla gran moltitudine de Hebrei in questa città se descorre se sia bene minuir...
tanto gran numero, che si trova hora con darli anco un
loco separato de cristiani". Viene deciso di far rimanere a Senigallia le famiglie
"utili per il banco, come per il negotio de li grani et
quelli che hanno botteghe" e dar loro "un loco recinto, che si chiama
Ghetto", ma il Duca negò la concessione (il ghetto infatti si farà più
tardi, nel 1632).
Nel 1626 a Senigallia vi erano 39 famiglie, la più importante era quella dei banchieri
Zaccaria e Salvatore Servadio che pagavano annualmente al duca 148 scudi, la tassa più
elevata fra tutti gli ebrei dei Ducato (la Comunità di Senigallia pagava 9 scudi e 44
bolognini). Le preoccupazioni per la situazione degli ebrei crebbero alla morte
precoce e inattesa del giovane erede Federico Ubaldo, la cui nascita era stata salutata
con manifestazioni di giubilo, sfociate poi in saccheggi dei quartieri ebraici. Dopo la
morte di Francesco Maria II (28 aprile 1631) la città, con il resto del Ducato di
Urbino, cadde sotto il diretto governo dei Papi. La città inviò a Roma una delegazione
per chiedere la conferma delle franchigie della Fiera ed il permesso agli ebrei di
continuare a gestire il banco per i prestiti su pegno.
Il 15 marzo 1633 era uscito l'Editto per gli Ebrei che fissava le norme per la vita nel
ghetto che fu poi istituito il 1 settembre 1633, per 40 famiglie, nel quale fu trasferita
la sinagoga, il cui sito originario era in Via del Carmine. Il Consiglio comunale
senigalliese tentò di opporsi chiedendo che fosse consentito agli ebrei di "stare
dove vogliono" perché "necessari a Sinigaglia" (così è riportato nel
documento) ma la decisione pontificia fu inderogabile. Il legato cardinal Cybo scrisse in
Urbino, il 4 luglio 1648, i capitoli (regole) del ghetto di Senigallia affinché, come è
scritto nel documento, "così i Cristiani padroni delle Case, Botteghe... come gli
Ebrei che le abitano e usano possano goderle con quiete e senza litigio di sorta
alcuna". Venne fatta una descrizione degli immobili perché i proprietari non
potessero togliere inferriate, colonne o altre cose e provvedessero alla manutenzione cui
erano tenuti prima che si facesse il ghetto, mentre gli ebrei dovevano corrispondere il
nolo pattuito in base alle norme che regolavano lo Jus Chazakà (inquilinato perpetuo) e
non dovevano far danni, come testimonia un documento, "cagionati dal far Bucati, o
dal tener Oche, Pollame, dallo steccar legna,dallo scoprire i tetti per occasione delle
Frascate".
La Comunità ebraica era diretta dalla congregazione dei sindaci, che eleggevano
"camerlenghi, cassieri, inservienti e rabbino", annualmente venivano scelti 3
massari (deputati) che, insieme a 2 consiglieri, stabilivano la quota delle tasse. Le
famiglie più in vista di Senigallia, Antonelli, Beliardi, Ercolani, Baviera, Mastai,
avevano spesso rapporti con gli ebrei nel fornire cereali e chiedere prestiti. Nei
documenti ricorrono spesso i nomi degli ebrei Iosef e Samuele Camerini, Iacob Zaccaria,
Caligo, Del Vecchio, Vivanti, Mondolfo, Laudadio, Corcos, Padovani. Nel 1647, nei 22
capitoli sui rapporti tra proprietari ed ebrei, si stabilì il divieto di aumentare i noli
delle
case per evitare la speculazione. I portoni del ghetto dovevano essere chiusi alla sera e
nessuno poteva uscire senza l'autorizzazione, ma potevano essere aperti in caso di incendi
"accioché gli Ebrei possano ricevere da' Cristiani il soccorso che lor
bisognasse". A causa della mancanza di spazio, gli ebrei usano costruire la sukkah
(capanna) per la festa di Sukkot (Capanne) sul tetto delle case.
Durante le persecuzioni degli ebrei polacchi da parte di Chmielnicki (1648-1656),
la Comunità di Senigallia donò ai fuggitivi 40 ducati e, nel 1652, contribuì con 25
ducati alla sottoscrizione iniziata da David Carcassoni di Costantinopoli per il riscatto
di 3000 prigionieri ebrei che i Cosacchi avevano portato dalla Polonia in Crimea. Nel 1691
gli ebrei di Senigallia furono costretti a portare un segno distintivo.
Il Settecento fu un secolo segnato dall'accusa alla Comunità ebraica di Senigallia
di omicidio rituale (1721), ma anche da un rilevante fervore culturale. Importanti
studiosi ebrei di Senigallia durante il '700 furono Isacco Gallico e sua figlia Simchà,
autrice nel 1744 di un libro di canti, trascritti in perfetto carattere ebraico quadrato,
non vocalizzato, in un volume (18x12,5 cm) di 43 fogli (il manoscritto è conservato nel
fondo orientale della biblioteca Palatina di Parma). La famiglia Gallico di
Senigallia diede il nome all'Accademia rabbinica di Siena e nel 1786 contribuì alla
costruzione della sinagoga di quella città, progettata dall'architetto fiorentino
Giuseppe del Rosso.
Nel 1753 il cardinale Stoppani fece redigere un piano per l'ampliamento della città ed
incaricò l'architetto Brocchi (26 febbraio) di includere una nuova zona per il ghetto in
quanto gli ebrei occupavano allora il sito migliore della città, ma il progetto non venne
realizzato, probabilmente a causa degli alti costi. Nel 1755 Benedetto XIV impose una
tassa, per dodici anni, "sopra le mercanzie forestiere... spettanti agli ebrei"
per aiutare la Comunità di Urbino in difficoltà economiche. Nel 1763 Clemente XIII
prorogò la concessione, ma destinò la metà dei proventi ai ghetti di Ancona, Pesaro e
Senigallia. Anche i papi successivi rinnovarono tali concessioni, con un riparto a favore
di Senigallia che a sua volta stava accumulando debiti nei confronti della camera
apostolica. La popolazione del ghetto dal 1636 al 1769 era aumentata di circa 200 persone
(1636: 280; 1701: 500; 1708: 500; 1719: 471; 1743: 650; 1769: 485).
Nel 1775 Pio VI (1775-1799) emanò l'Editto sopra gli Ebrei che conteneva
innumerevoli vessazioni e restrizioni alla vita civile per gli ebrei. Nonostante i
divieti, a Senigallia i mercanti ebrei continuarono ad affittare botteghe fuori del
ghetto. Alla fine del XVIII secolo sorsero gravi difficoltà economiche; il riparto del
ricavato del pedaggio sulla Fiera di Senigallia fu causa di discordie tra le Comunità e
la Fiera venne sospesa per la peste (luglio 1784). Nel 1789 vivevano nella città
circa 600 ebrei, dediti soprattutto al commercio, reso fiorente dal porto franco e dalla
Fiera annuale. La Comunità pagava annualmente 40 scudi alla Curia Romana, 20 scudi
al Comune di Senigallia, 48 scudi al capo degli arcieri episcopali ed allo squadrone
militare, 20 scudi ai soldati della fortezza e 10 scudi ai predicatori. Vi era una scuola
elementare, le cui spese annue ammontavano a 180 scudi ed un ospizio per poveri e
forestieri. I compensi per gli impiegati della Comunità (rabbino, chazzan, segretario,
shammash, inservienti) non superavano la somma di 310 scudi. I redditi della Comunità
erano: la metà dei diritti della tassa sul pedaggio, accordata per grazia pontificale, al
tempo della Fiera; il 4% sugli affari stipulati dagli ebrei forestieri prima o dopo la
Fiera; le rendite di alcune proprietà e la tassa sui capitali degli ebrei senigalliesi.
La libertà e l'uguaglianza arrivarono, non solo per gli ebrei, con l'8 febbraio 1797,
giorno in cui Napoleone Bonaparte conquistò Senigallia. Tra la primavera e l'estate del
1799 la "Coalizione" si impadronì dell'Italia (tranne Genova e Ancona che
resistettero per qualche mese). La situazione di guerra causò notevoli difficoltà
economiche nella Comunità ebraica di Senigallia, nonostante gli aiuti inviati dagli ebrei
di Ancona. Con il ritiro dell'occupazione francese, il 18 giugno del 1799, le orde
reazionarie russo-turche, guidate da Lahoz, saccheggiarono il ghetto, uccisero 13 ebrei,
tra i quali 4 rappresentanti della Comunità. Una lettera scritta dalla Comunità per
chiedere aiuti finanziari descrive il pogrom: "Il 12 giugno 1799, le forze alleate
russo-turche, che si giovavano fra l'altro dell'appoggio di una notevole squadra navale e,
nell'entroterra, della cooperazione di "ribelli" italiani, conquistarono Fano e
il 18 giugno Senigallia. La battaglia per Senigallia durò 5 ore. Dal mare la città fu
bombardata dalle artiglierie delle navi da guerra russe e turche; sulla terraferma venne
assalita da bande di "ribelli" che la circondarono in gran numero. Secondo la
versione di fonti francesi, i "ribelli" subirono gravi perdite, ma, ciò
malgrado, non rinunciarono alla lotta, e alla fine, riunitisi ad unità di soldati russi e
turchi sbarcati dalle navi, la loro preponderanza numerica ebbe il sopravvento. A stento i
soldati della guarnigione francese riuscirono ad aprirsi un varco nelle file del nemico e
a ritirarsi dalla città per ricongiungersi con il grosso del loro esercito ad Ancona. La
città di Senigallia venne lasciata indifesa, ed i suoi abitanti abbandonati nelle mani
dei conquistatori, avidi di bottino e assetati di vendetta. Per cinque lunghi giorni
continuarono nella città gli omicidi e le rapine. Numerosi cittadini, sospettati di aver
simpatizzato per i francesi e per la Repubblica, vennero trucidati senza processo. I loro
averi e tutto ciò che poteva essere trasportato fu preso come bottino. In quegli stessi
giorni fu perpetrato un crudele pogrom contro gli ebrei della città, un pogrom del quale
vi erano stati prima di allora solo rari esempi in Italia: tredici inermi persone vennero
trucidate per le strade del ghetto, la sinagoga fu violata e saccheggiata, tutte le case
ed i negozi degli ebrei rapinati. Il sesto giorno, domenica 23 giugno, le truppe russe e
turche si ritirarono improvvisamente dalla città, salirono a bordo delle loro navi e
salparono verso il mare aperto. Pare che al comando navale russo fosse giunta la notizia
che un gran numero di navi francesi e spagnole erano entrate nelle acque del Mediterraneo,
ragion per cui fu deciso di riunire tutte le unità della flotta in vista della battaglia
finale."
Dopo il passaggio delle truppe del generale Monnier che rapinarono quei pochi ebrei che
erano prima scampati, la "Coalizione" riprese Senigallia alla fine di luglio
1799 ed ai primi di agosto assediò anche Ancona che capitolò il 13 novembre 1799 con la
condizione che i vincitori non si sarebbero vendicati sui cittadini che avevano aiutato i
francesi. Gli ebrei di Ancona furono obbligati a versare una elevata somma di danaro e non
subirono violenze.
Gli ebrei di Senigallia sopravvissuti al pogrom, fuggirono sotto la protezione del
cardinale vescovo Onorati, su dei navigli mandati dai correligionari d'Ancona e lì
restarono 2 anni. Oltre a lettere (nel settembre 1800) inviate dai dirigenti della
Comunità di Senigallia a Comunità consorelle per chiedere aiuto dopo il sacco, vari
scrittori ci hanno lasciato testimonianza del pogrom che dovettero subire gli ebrei di
Senigallia dal 18 al 22 giugno 1799 (15-19 Siwan 5559): R.Metatiah Nissim, Rabbino di
Senigallia, (un breve poema in versi), R.Ya'akov Ha-Cohen (cronaca in ebraico "'Emeq
ha-bachà", dal titolo di una cronaca ebraica rinascimentale opera di R.Joseph
Ha-Cohen: raccolta di testimonianze, conservato nella biblioteca del Jewish Theological
Seminary. Alcuni anni dopo scrisse una seconda cronaca in ebraico "Sefer Ma'asè
Nissim, sugli ebrei di Ancona negli anni 1793-1797), R.Itzhaq Hajim ben Yehiel ha-Levi
(cronaca in ebraico, in prosa e poesia, aggiunta alla precedente). Nella primavera e
nell'estate del 1800 Napoleone conquistò di nuovo l'Italia e gli ebrei di Senigallia
poterono tornare nella loro città. Un decreto di Pio VII, nel 1801, obbligò gli ebrei di
Senigallia emigrati, a ritornare nella città, a ricostruirne la Comunità (erano ormai
solo 15 famiglie), a riconoscerne le passività preesistenti (12.000 scudi) ed a pagare la
sistemazione dei portoni che chiudevano il ghetto. Gli ebrei poterono beneficiare solo
degli undici dodicesimi del pedaggio della Fiera, il rimanente era del ghetto di Urbino.
Fu redatto lo Statuto della Comunità che fu approvato dai capi-famiglia il 3 febbraio
1802 ed il 19 marzo dal cardinale Onorati.
In seguito al sacco del ghetto, il 10 aprile 1803 la Comunità di Pesaro, come
rappresentante della Compagnia della Misericordia, cedette per 9 anni alla Comunità di
Senigallia il quarto del pedaggio attribuitole dal chirografo clementino del 1774 (analogo
patto fu stipulato con la Comunità di Ancona). Le vicende del pedaggio iniziarono
il 6 agosto 1755, quando Benedetto XIV, per soccorrere gli ebrei di Urbino, concedette
loro per 12 anni una imposizione "sopra le mercanzie
forestiere spettanti agli ebrei" introdotte nella Fiera di Senigallia (cassetta di
Urbino), e terminò il 7 luglio 1835 con un chirografo di Gregorio XVI che regolò la
questione del pedaggio che i mercanti ebrei dovevano pagare accedendo alla Fiera di
Senigallia. Non mancarono contributi di ebrei di Senigallia all'unificazione
dell'Italia: Salvatore Zabban partecipò ai moti del 1831 ed andò in Francia per sfuggire
alla pena del Governo Pontificio; nello stesso anno Camerini, nato a Senigallia nel 1805
da Raffaele e Corcossa Perna, la cui famiglia era stata decimata nel saccheggio, marciò
con i liberali su Ancona; fu arrestato anche Salomone Levi; nel 1833 Sansone Levi fu
condannato all'ergastolo e rinchiuso nel forte di Civitacastellana per attività
sovversiva, poi esiliato in Grecia; i negozi dei fratelli Salmoni ad Ancona, Senigallia,
Fermo ed Ascoli servirono da collegamento tra i liberali delle Marche e quelli del Regno
di Napoli. Ebrei di Senigallia parteciparono anche alla guerra contro l'Austria nel 1848.
Eugenio Salomon Camerini (1811-1875), che realizzò uno dei più attenti commenti di
Dante, prese parte ai moti di Napoli nel 1848 e a quelli piemontesi per l'unità d'Italia.
Nel ghetto il nucleo familiare salì da 3,63 membri del 1801 a 4,38 del 1846. In segno di
gratitudine verso Pio IX per l'apertura del ghetto (1847), gli ebrei di Senigallia
offrirono 150 scudi d'oro per la guardia nazionale e lo definirono "Stella e porto
alle nuove e dolci speranze dei popoli". All'epoca vivevano nella città 390 ebrei
che svolgevano il mestiere di sensali, negozianti, vetturini, banchieri,
gestori di banchi e soprattutto "industrianti", che svolgevano i più disparati
lavori. Il 13 settembre 1860 il generale Cialdini occupò la città in nome di Vittorio
Emanuele II e con il decreto del 25 settembre gli ebrei senigalliesi e tutti quelli delle
Marche, ottennero la completa uguaglianza. Nel 1870 vivevano a Senigallia circa 300 ebrei.
Nel 1885, con l'attuazione di un vasto disegno di risanamento della città, il Comune di
Senigallia diede inizio ad un programma di lavori nei quartieri del Porto e del ghetto.
Nel 1969 vi erano 30 ebrei, considerati parte della Comunità di Ancona. Attualmente sono
rimaste a Senigallia 3 famiglie di ebrei: i Zuares (6 componenti), i Morpurgo (5 membri),
e gli zii di quest'ultimi (2 componenti). Si riuniscono per le feste più importanti nella
sinagoga sita a Via dei Commercianti 20, dove, a loro spese, hanno restaurato il tetto;
altrimenti confluiscono ad Ancona. La sinagoga di Senigallia sarà presto restaurata: la
CEE ha messo a disposizione mezzo miliardo ed i lavori inizieranno tra breve.
Due strade
dividevano il ghetto in quattro isolati, al loro imbocco vi erano i quattro portoni del
ghetto. La zona un tempo occupata dal ghetto si trova attualmente a pochi metri dal
Palazzo del Duca, dal Foro Annonario, sulla riva sinistra del fiume Misa; la strada
principale era la strada del Ghetto, tra la strada del Corso e di S.Antonio, dei Macelli e
dell'Ospedale. Vi erano edifici di proprietà di famiglie nobili: Baviera, Amati,
Andreini, Marcheselli, Paglia, Montini, Albertini.
Il posto dove si trovava il ghetto è stato trasformato a partire dal 1892; gli edifici
sono stati abbassati di uno o più piani dopo il terremoto del 1930. In Piazza Simoncelli,
al n.34, è stata posta una lapide in ricordo del vecchio ghetto per iniziativa
dell'assessore alla cultura del comune di Senigallia Sergio Anselmi e offerta dal conte
Alessandro Baviera per onorare la memoria dell'amico musicologo ebreo Bettino Padovano che
aveva donato alla città un edificio in Via della Cupetta perché il comune vi costruisse
un centro per il recupero di arti e mestieri. L'unica strada rimasta del ghetto è la via
dei Commercianti, al n.20 vi è la sinagoga e la sede dell'archivio dove ora si trovano
solo alcuni sefarim. La sinagoga fu costruita nel 1634, quando fu istituito il ghetto,
poiché quella precedente era fuori dal recinto; è di rito italiano. Era più alta di un
piano, ma fu abbassata dopo il terremoto del 1930; la sala di preghiera si trova al primo
piano. Il matroneo è sormontato da finestre murate che erano quelle della sinagoga prima
del terremoto; il portone d'ingresso è a due ante con un portale in pietra d'Istria. Al
primo piano vi è un ufficio, due piccoli vani di passaggio, il matroneo dove vi è un
armadio dove sono conservati alcuni Sefer Torah (Rotoli della Legge), e la sala di
preghiera. Le scale
portano poi ad un solaio (prima del terremoto vi era la sala che occupava il terzo ed il
quarto piano). Un'unica grande porta settecentesca introduce nella sinagoga; sulla parete
di fronte vi sono 4 grandi finestre sormontate da mantovane ottocentesche che, con le 2
finestre nella parete di destra, fiancheggiano l'aron (arca); davanti vi è la tevà (il
podio), lo spazio,occupato durante la preghiera dall'officiante, è delimitato da un
balconcino semicircolare di legno intagliato e dorato che formava l'antica tevà, con
tulipes del primo '900 applicate alle pareti (poggiava su 6 colonne corinzie dorate; vi si
accedeva salendo due scale semicircolari poste ai lati); l'aron è di legno dipinto di
bianco con fregi dorati, sormontato da una cupola. Nella parete sinistra vi è una
tevà di legno povero, dipinto con fregi dorati con un leggio e due candelieri. Gli
antichi arredi sono stati distrutti nel sacco del 1799, poi sono stati ricostruiti ai
primi dell' '800 e danneggiati nel terremoto. Pannelli di legno ricoprono la parte bassa
delle pareti per tutta la lunghezza e fungono da schienali alle panche. Tra due file di
doppie panche, parallele a quelle fissate alla parete, vi sono alcuni tavoli da studio.
Una sinagoga precedente si trovava probabilmente in Via Arsilli (chiamata Via della
Sinagoga), di cui Via dei Commercianti è una traversa.
Il cimitero si trova in Via delle Grazie, n.2; è in
funzione dall'800, quando fu eliminato il vecchio cimitero cinquecentesco che si trovava
all'interno della città (in Via Capanna), dove ora vi sono dei giardinetti pubblici
(parco Anna Frank). Nel 1869 il Consiglio deliberò che la selva dell'ex convento delle
Grazie (a 3 chilometri dalla città) dovesse fungere da cimitero comunale che fu
inaugurato, su progetto dell'architetto Enea Gentili, nel 1871; sette anni dopo, nel lato
destro della chiesa, venne allestito il cimitero ebraico. Al 1878 risale la prima
sepoltura; il cimitero del Portone continua a funzionare fino al 1893. E' circondato da un
muretto ed è collegato al cancello di ingresso da un vialetto lungo il quale, nel 1977,
sono state raccolte le lapidi del vecchio cimitero. Sono state recuperate, per merito di
Sergio Anselmi, 85 lapidi e cippi del '600, '700 e '800.
L'Archivio Storico della Comunità Israelitica di Senigallia era in
origine situato presso la sinagoga di Senigallia, Via dei Commercianti, n.20.
Nel 1983 venne trasferito nella Comunità Israelitica di Ancona, divenutane
proprietaria in seguito al suo assorbimento da parte di quest'ultima (r.d. 24 sett. 1931,
n. 1279 con cui veniva approvato l'elenco delle comunità israelitiche riconosciute) e
successivamente a Roma, presso il Collegio Rabbinico ove rimase fino al 1993, data in cui
fu trasferito nei locali del Centro Bibliografico. Copre un arco cronologico cha va dal
sec. XVI al sec. XX, sebbene la documentazione inerente al sec. XVI sia prevalentemente in
copia; è composto da 53.000 carte ed è diviso in 84 buste e 27 scatole. Uno dei
documenti originali più antichi è una ricevuta di pagamento relativa all'acquisto di un
terreno per il cimitero israelitico nel 1567 (B 17, fasc. 1/1, 29 dic. 1567).
L'Archivio contiene documentazione riguardante i rapporti fra lo Stato Pontificio e la
Comunità (bolle, brevi, editti, decreti, rescritti); carte inerenti la vita interna della
Comunità (verbali di congregazioni, capitoli, documenti amministrativi, contabili,
elettorali) nonché atti legali, istrumenti notarili e corrispondenza, documenti relativi
alla Fiera e allo Jus Chazakà (diritto trasmissibile di inquilinato perpetuo). Comprende
inoltre gli atti dell'Opera Pia Israelitica, la locale congregazione di carità; della
Ghemiluth Chasadim, del Biqqur Cholim e del Tiphereth Bakhurim che si occupavano della
sepoltura e dell'assistenza ai malati ed ai bisognosi; delle Shomerim La-Boqer che si
occupava della recitazione mattutina delle preghiere; della Compagnia dei Luminari, che si
presume si occupasse dell'accensione dei lumi; le carte delle due scuole, primaria e
superiore, della Comunità, la Jeshivah Shalom ed il Talmud Torah. La maggior parte della
documentazione è in italiano anche se non mancano atti in ebraico e (in quantità minore)
in latino. Tale archivio ha subito un primo intervento di riordinamento nel 1971;
nell'ambito del progetto "La presenza ebraica in Italia: la catalogazione dei beni
culturali della più antica comunità della diaspora" (art. 15 della legge
finanziaria n. 41 del 28 feb. 1986, approvato dal Comiato interministeriale per la
programmazione economica con deliberazione del 7 agosto 1986) risulta (M.T.Fulgenzi e
S.Sorrenti, Notizie sull'Archivio Storico della Comunità Israelitica di Senigallia in
"La Rassegna degli Archivi di Stato", anno LII, n.2, maggio-agosto 1992) che il
fondo è stato oggetto di un altro riordinamento negli anni 1988-89 ad opera delle
dott.sse M.T.Fulgenzi, S.Sorrenti e Zadra; di fatto, presso il Centro Bibliografico
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane si trova soltanto un elenco delle serie con
la rispettiva consistenza e date estreme.
Il progetto era finalizzato al censimento dei beni culturali ebraici in Italia.
L'intervento attuale non modifica l'ordine dato nel 1988-89 ma consiste in una descrizione
più dettagliata del contenuto. Non è stato possibile analizzare approfonditamente ogni
singolo documento, si è data l'indicazione degli argomenti dei documenti presenti nei
fascicoli. - Le serie L'Archivio Storico della Comunità Israelitica di Senigallia è
diviso in 26 serie. Questa divisione dà un quadro generale di quelli che erano i settori
più importante all'interno dei quali si svolgeva la vita dell'Università degli ebrei a
Senigallia, a partire dagli inevitabili e movimentati rapporti con lo Stato
Pontificio, agli affari interni, amministrativi e finanziari, la corrispondenza, per
arrivare ai documenti riguardanti le varie Confraternite, associazioni di grande
importanza all'interno dell'Università, il cui compito era di riunire con frequenza i
propri membri per avvicinarli alla religione, di fare beneficienza, in ebraico
"Zedakah", corrispondente al concetto di giustizia, e di mantenere, fra i propri
membri, vincoli particolari di solidarietà sia nei momenti lieti che tristi. - Il
contenuto delle serie "Rapporti con l'autorità pontificia": bolle, decreti,
rescritti, licenze, precetti, ordinanze, notificazioni, suppliche, editti, attestati,
avvisi e manifesti.
La maggior parte riguarda argomenti pratici della vita dell'Università, problemi sulle
regole di comportamento dei non ebrei verso gli ebrei e viceversa, il rapporto con la
Chiesa ed il periodo durante la Fiera. "Verbali di congregazioni": verbali di
congregazioni o riunioni dei membri dell'Università. I documenti, di argomento vario,
trattano dell'amministrazione dell'Università. "Capitoli": riguardano le regole
che scandiscono la vita nell'Università Israelitica. I documenti sono inerenti
l'amministrazione dell'Università. "Elezioni": verbali delle elezioni, elenchi
di elettori, avvisi, lettere, appalti, concorsi per Rabbino, certificati di nascita per
uso elettorale, formule di giuramento, etc. "Istrumenti": compravendite
d'immobili, contratti d'affitto, ricevute di pagamento, censi, ipoteche, quietanze,
testamenti, obbligazioni, nomine ed incarichi, doti, canoni, attestati, atti di
concordia, appalti di lavori, deleghe, procure, protesti, spaccio della carne, etc.
"Atti legali": i documenti si riferiscono a cause e scritture private relative.
La maggior parte riguarda ricevute, intimazioni di pagamento, tasse, affitti, eredità,
lavori, testamenti, debiti, sentenze, lodi, citazioni, crediti, vendite, ipoteche,
disdette, diffide, esecuzioni, sequestri di immobili. "Censi, canoni, livelli":
corrispondenza ed istrumenti. "Cimitero israelitico": sull'amministrazione e la
contabilità del cimitero. "Jus Chazakà": Il fatto di creare un posto in
cui gli ebrei dovevano risiedere obbligatoriamente senza poter possedere immobili, fece
nascere il diritto di inquilinato perpetuo o Jus Gazzagà o Gius Gazzagà (dall'ebraico
chazaqàh, "possesso") che assicurò agli ebrei un tetto modesto ma inamovibile,
di cui disporre come dote, eredità, legato, ecc. I documenti riguardano capitoli e
regolamenti, tasse e noli sulla gestione degli immobili, il catasto e memorie sullo Jus
Chazakà. "Fiera di Senigallia": Corrispondenza delle Università Israelitiche e
chirografi pontifici (tassa sul pedaggio, gestione dei noli, amministrazione durante la
Fiera). "Assistenza, sussidi": i documenti sono inerenti soprattutto allo
stato ed alle difficoltà economiche nelle Comunità Israelitiche italiane e di Israele
(soprattutto Gerusalemme, Hebron, Safet, Tiberiade). "Corrispondenza": su
problemi di debiti, miseria, tasse, commercio, divieti, licenze, vita comunitaria nel
ghetto, sul caso di Edgardo Mortara, documenti provenienti da altre Università, lettere
di condoglianze, ringraziamento, auguri e raccolte di documenti relativi a persone
specifiche. "Amministrazione": la documentazione riguarda l'amministrazione
dell'Università (stime e perizie per costruzioni o ristrutturazioni, preghiere e
suppliche per la riduzione delle tasse, certificati, avvisi, documenti sull'appalto delle
azzime e della carne, censimenti, etc.). "Protocolli": sono composti da
vari fogli sciolti ed un registro. "Contabilità": ricevute, avvisi e mandati di
pagamento, cause, spese di muratura, bilanci, liste di spesa, noli, lavori, tasse,
perizie, Zedakah, sovvenzioni. "Opera Pia Israelitica": Statuto,
lasciti, verbali, contabilità. "Ghemiluth Chasadin": verbali e
contabilità. "Jeshivah Shalom": verbali e contabilità. "Talmud
Torah": sulla contabilità della scuola. "Biqqur Cholim": verbali,
contabilità. "Tiphereth Bakhurim": capitoli e contabilità. "Compagnia dei
Luminari": verbali, istrumenti, contabilità. "Contabilità, bollette":
ricevute, avvisi, mandati di pagamento, fatture, debiti, libretti di assegni.
"Manoscritti musicali" "Documenti non classificati":
sull'amministrazione, le elezioni, l'Halachà, corrispondenza, istrumenti, beneficienza,
affari religiosi, cause, richiesta sussidi, una Ketubbà. "Carte":
corrispondenza, ricevute di pagamento, debiti, bilanci, diffide, mandati di pagamento. In
alcuni casi sono stati rilevati documenti classificati in modo non appropriato, ad esempio
alcuni documenti di confraternite, messi nella voce generica riguardante l'amministrazione
invece che all'interno della propria serie. Sono state rilevate alcune discrepanze nella
divisione cronologica all'interno dei fascicoli, nelle buste. Alcune serie contengono
fascicoli divisi per data di cui non si comprende bene il criterio di scelta, in quanto le
date si accavallano, pur essendo dello stesso argomento
Allegato
Breve cronologia della storia di Senigallia
durante la presenza ebraica
Inizio del XII sec.: ordinamenti comunali e Fiera della Maddalena.
Probabile inizio della presenza ebraica a Senigallia
1210: feudo da Ottone IV fino ad Azzo IV d'Este
1264: venne occupata e devastata dalle truppe di Manfredi
1280: venne occupata da Guido da Montefeltro
1306: venne occupata da Pandolfo Malatesta
1355-57: tornò alla Chiesa per opera del cardinale Albornoz 1445:
Eugenio IV e Niccolò V ne confermarono il possesso come vicariato a
Sigismondo Pandolfo Malatesta
1459: alla dipendenza diretta dalla Chiesa per un debito del Malatesta
1462: il Malatesta cercò di rimpossessarsi della città, ma fu sconfitto
a Cesano ad opera di Federico da Montefeltro
1462-64: Signoria di Antonio Piccolomini, poi passò di nuovo alla
Chiesa
1474: fu data da Sisto IV al nipote Giovanni della Rovere che divenne
Signore di Senigallia e del Vicariato di Mondavio, alla cui famiglia
appartenne fino al 1631. Decreti contro gli ebrei
1493: venne istituita da Giovanni Della Rovere la Fiera di San
Francesco
Marzo 1502: Alessandro VI aveva confermato l'investitura al dodicenne
erede di Giovanni, Francesco Maria I Della Rovere
31 dicembre 1502: il Valentino (Cesare Borgia, Duca di Valentinois)
invase Senigallia
31 ottobre 1503: venne eletto papa, col nome di Giulio II, il cardinal
Giuliano Della Rovere; il Valentino si rifiutò di consegnare i
territori conquistati e venne arrestato; Francesco Maria I riprese il
possesso della città (imposizione del segno di riconoscimento agli
ebrei)
1513: Leone X dei Medici, successore di Giulio II, privò Francesco
Maria I del Ducato
1516: Ducato al nipote del Papa, Lorenzino dei Medici e poi ad un
membro della Casata dei Varano, Signori di Camerino
1521: il Ducato tornò a Francesco Maria I
1534 il Duca fece stampare gli Statuti della città
1556: persecuzioni di papa Paolo IV contro gli ebrei: arrivo di
profughi a Senigallia, mandati via l'anno dopo
1569: Poi V fece espellere altri ebrei che si erano rifugiati nel
territorio ducale
1604: bolla di Clemente VIII che garantì il diritto dello Jus Chazakà
(inquilinato perpetuo)
1622: Francesco Maria II cedette in governo del ducato al figlio
Federico Ubaldo, nato nel 1605 dal secondo matrimonio del Duca con la
giovanissima Livia Della Rovere, che nel 1623 sposò Claudia dei Medici
1623: il giovane Duca morì e Francesco Maria II affidò
l'amministrazione dei suoi domini a Monsignor Berlinghiero Gessi che
assunse il titolo di Governatore
1631: morte di Francesco Maria II, il papa Urbano VIII annesse
Senigallia al Ducato di Urbino ed inviò come suo legato il nipote
Taddeo Barberini, ben presto sostituito dal fratello Antonio
15 marzo 1633: uscì l'Editto per gli Ebrei che fissava le norme per la
vita nel ghetto
1 settembre 1633: istituzione del ghetto a Senigallia
1691: gli ebrei di Senigallia furono costretti a portare un segno
distintivo
1721: la Comunità di Senigallia viene accusata di omicidio rituale
Metà del XVIII sec.: Benedetto XIV approvò l'ampliamento della città
1775: Pio VI emanò l'Editto sopra gli Ebrei che conteneva innumerevoli
vessazioni e restrizioni alla vita civile per gli ebrei
8 febbraio 1797: Napoleone Bonaparte conquistò Senigallia; egli nominò
viceré il figlio Eugenio di Beauharnais
17 ottobre 1797: trattato di Campoformio
Estate 1798: Napoleone, iniziando la campagna d'Egitto, dovette
affrontare la "Seconda Coalizione" delle potenze europee
Primavera/estate 1799: la "Coalizione" si impadronì dell'Italia. Sacco
del ghetto di Senigallia
1801: Pio VII obbligò gli ebrei di Senigallia emigrati, a ritornare
nella città
1814: Senigallia tornò allo Stato Pontificio
1820-21 e 1830-31: moti rivoluzionari
16 giugno 1846: venne eletto Pio IX
1854: apertura dello Stabilimento Bagni
1860: Senigallia entrò a far parte del Regno d'Italia
1914: scoppiò la rivolta chiamata della "Settimana rossa"
24 maggio 1915: primo giorno di guerra fra Italia e Austria, Senigallia
fu vittima di un lungo e violento bombardamento
30 ottobre 1930: vi fu un fortissimo terremoto
18 settembre 1943: i nazifascisti invadono Senigallia facendo stragi di
ebrei
fine luglio-agosto 1944: le avanguardie dell'VIII Armata britannica
liberano Senigallia, insieme alla Compagnia di portatori d'acqua di
Eretz Israel che distribuirono l'acqua, mancante per le tubature fatte
saltare dai nazifascisti
Dal 1960: sviluppo turistico notevole
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