Israeliani che gli egiziani amano odiare.
The Economist del 22 gennaio 2000
Le donne sono volgari
intriganti; gli uomini sono torvi criminali, inclini a versare sangue e ad urlare in un
modo stranamente gutturale. Due decenni di pace hanno fatto poco per ammorbidirne
limmagine. La cultura popolare egiziana ancora dipinge gli israeliani come il nemico
che tutti amano odiare.
La demonizzazione pervade
i settori della stampa, delleditoria e del cinema, al punto che quando i giornali
popolari del Cairo hanno affermato che un concerto della vigilia del millennio alle
piramidi era in realtà un rituale satanico sionista il governo si è innervosito ed ha
annullato parti dello spettacolo. A quanto pare alcuni egiziani credevano veramente che
una piramide doro che sarebbe dovuto essere posta sulla punta della Piramide di
Cheope rappresentasse segretamente uno zucchetto ebraico.
La colpa di questi
atteggiamenti è, per la maggior parte, dei registi egiziani di film. Dal 1992 gli
israeliani hanno fatto la parte dei cattivi in alcuni di sceneggiati televisivi egiziani e
in una decina di film. Quel che è peggio, su 20 film prodotti lo scorso anno dagli studi
cinematografici del Cairo un quarto sfruttava tematiche antiisraeliane.
Le trame variano ma
tendono a percorrere strade già battute. Cè lisraeliana cattiva che
irretisce linnocente gioventù egiziana, come nei film "Amore a Taba"
(1992) o "Una Ragazza Israeliana" (1999). Cè laccorto eroe egiziano
che sventa i piani dei servizi segreti israeliani come in "La Strada per Eilat"
(1995), "48 Ore in Israele" (1998) o "Al Kfir" (1999). Nel momento
cruciale di "Uno Zoticone di Campagna va allUniversità" leroe
politicamente corretto brucia la bandiera israeliana.
Parte di questo materiale
da film comprende scene che sono francamente antisemitiche, il che è anche più
inaccettabile. Il film più popolare dello scorso anno, "Hamam ad Amsterdam"
segue le comiche peripezie di un emigrato egiziano che si sforza di avere successo in
Europa nonostante lopposizione di un cattivo di nome Yehuda. In "Una Ragazza
Israeliana" il padre della seduttrice iraeliana è ritratto come un manipolatore
satanico. Quando il padre dellingenuo ragazzo egiziano, un uomo che ha
labitudine di fare dotte citazioni dai "Protocolli dei Savi Anziani di
Sion", si lava dopo avere stretto la mano del diabolico israeliano lacqua si
tinge di rosso.
I diplomatici israeliani
esprimono la loro rabbia perché il governo egiziano si trattiene dallusare i suoi
ampi poteri censori contro questi stereotipi. "Gli egiziani sarebbero così pazienti
se la loro bandiera fosse bruciata in un film israeliano?" chiede laddetto
stampa israeliano al Cairo. Con più filosofia, tuttavia, ritiene che lostilità
rifletta una cultura che teme profondamente di perdere il suo ruolo dominante
nellarea.
Generalmente gli egiziani
attribuiscono la moda di dare addosso ad Israele al successo commerciale dei primi film
ostili, la cui uscita ha coinciso con avvenimenti che avevano già macchiato
limmagine di Israele, come la brutale repressione dellintifada
palestinese e i bombardamenti di civili in Libano. Eppure Mostafa Darwish, il principale
critico cinematografico egiziano, crede che nellaccusa di eccessiva indulgenza che
viene mossa alla censura ci sia una parte di verità.
Fino a che punto il
pubblico egiziano prende sul serio tutto questo? Fortunatamente, non molto sul serio. I
critici del Cairo hanno stroncato la maggior parte degli ultimi film. "Al Kfir",
che racconta la storia di un affascinante ingegnere aeronautico egiziano che sabota il
prototipo di un caccia israeliano, è durato appena una settimana nei cinema del Cairo
dopo che il pubblica rideva delle presunte capacità delleroe di sedurre le amazzoni
israeliane. Darwish spera che questi fiaschi segnino la fine di questa tendenza; e, in
effetti, nessuna novità cinematografica di questinverno sfiora Israele.
Ciononostante
limmagine negativa potrebbe avere effetti duraturi. A parte la sensibilità degli
egiziani, ha senzaltro fatto sentire gli israeliani sempre più indesiderati. Dieci
anni fa i turisti provenienti dallo stato ebraico viaggiavano in tutto lEgitto. Sui
300.000 che hanno visitato lEgitto nel 1998 il 90% non ha mai lasciato le località
balneari dallaccento ebraico del Sinai meridionale.
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