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LEGGI RAZZIALI CRONOLOGIA DI TANTI PROVVEDIMENTI ANTIEBRAICIdi Roberta FERRARADopo anni di sempre più martellante propaganda antisemita, il 14 Luglio 1938 venne pubblicato, inizialmente anonimo, il manifesto degli scienziati razzisti che al nono paragrafo definiva gli ebrei "l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia, perché costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto da quelli che hanno dato origine agli europei" (1). Posta dunque la base ideologica all'antisemitismo di stato, la persecuzione procedette con sempre maggiore rapidità.Se da una parte il regime fascista continuava a ribadire che "discriminare non significa perseguitare..., il governo fascista non ha alcun speciale piano di persecuzione degli ebrei in quanto tali...", dall'altra, nell'Agosto del 1938, venivano presi i primi provvedimenti antiebraici: venne proibita agli studenti stranieri ebrei l'iscrizione alle scuole del Regno (2). Nello stesso mese fu disposto un primo censimento del numero degli ebrei presenti in Italia: Roma risultò la sede della Comunità Israelitica più numerosa con 12.799 presenze; seguivano Milano, Trieste, Torino, Livorno, Firenze, Genova, Venezia, e Ancona (3). Anche nei luoghi di lavoro vennero inviate circolari miranti a l'appartenenza o meno alla dei dipendenti: il 17 Agosto, stabilito che essere "ariani" era requisito "essenziale ed inderogabile per poter ricoprire cariche pubbliche" (4). Giunse infine il gravissimo provvedimento del Consiglio dei Ministri del 3 Settembre, con il quale veniva revocata la cittadinanza italiana agli ebrei stranieri che l'avessero ottenuta dopo il 1 Gennaio 1919; fu decretata l'espulsione di quanti di essi risiedevano in Italia, in Libia o nell'Egeo, visto che era posto loro il divieto di rimanere in queste zone. Inoltre alunni e professori ebrei furono esclusi dalla frequentazione e dall'insegnamento nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado. Le comunità israelitiche provvedettero quindi ad organizzare corsi di studio per gli alunni delle scuole medie, mentre per quelli delle scuole elementari era prevista dal Governo la istituzione di apposite sezioni (5). Intanto la Stampa italiana, da anni impegnata a preparare psicologicamente l'opinione pubblica a simili provvedimenti, continuava assiduamente a promuovere inchieste sugli ebrei in Italia, sottolineando sempre come essi avessero usurpato i posti di maggior rilievo in ogni ambito, dalla finanza alla musica (6). La vera base sulla quale il fascismo operò per i successivi provvedimenti antisemiti, fu la dichiarazione programmatica approvata dal Gran Consiglio del Fascismo la notte tra il 6 e il 7 Ottobre (7). Una volta stabiliti i criteri per l'appartenenza alla razza ebraica, fu posto agli italiani il divieto di sposare elementi appartenenti a razze non ariane e ai dipendenti statali venne proibito anche il matrimonio con donne straniere, indipendentemente dalla loro razza. Venne inoltre decretata l'espulsione degli stranieri, fatta eccezione per quanti avessero superato i 65 anni di età o avessero sposato un elemento italiano "ariano" anteriormente al 1 Ottobre 1938. Fu precisata anche un'altra serie di divieti tra i quali quello di prestare servizio militare o essere iscritti al P.N.F., Partito Nazionale Fascista. Era tuttavia presa in considerazione una particolare categoria di ebrei che, per meriti acquisiti nei confronti della patria o del partito, teoricamente non diventavano soggetti alle discriminazioni previste, tranne l'esclusione all'insegnamento. La dichiarazione programmatica divenne operativa con Decreto Legge del 17 Novembre 1938. E, attraverso il tempo, nei confronti degli ebrei venne approvata tutta una serie di norme quali il divieto di inserire sui giornali avvisi pubblicitari, di frequentare località di villeggiatura di lusso o possedere apparecchi radio o avere alle proprie dipendenze personale di servizio ariano (8). Giornali e riviste intanto, quali la famigerata "La Difesa della Razza", "Il Tevere" di Roma o il "Corriere Adriatico" di Ancona, spiccavano nel panorama giornalistico italiano per la violenza degli attacchi antisemiti contenuta negli articoli e spesso diretti contro singole personalità del mondo ebraico. Ma l'opinione pubblica italiana rimase sinceramente sorpresa di fronte a simili accuse e a conseguenti provvedimenti: pochi si resero conto che l'Italia stava cominciando ad intraprendere la violenta strada dell'antisemitismo già percorsa dal suo alleato tedesco (9). Molti ebrei, che vedevano tutta questa rumorosa campagna razziale come ingiustificata e lontana dall'indole pacifica e dalla cultura degli italiani, consideravano il pesante clima di "caccia all'ebreo" che si era venuto a creare, come una azione destinata a durare solo momentaneamente e senza produrre quelle tragiche conseguenze che si erano avute in Germania (10). La situazione degli ebrei andò invece sempre di più peggiorando con l'avvicinarsi della entrata in guerra dell'Italia, tanto che il 4 Giugno, a soli sei giorni dall'inizio delle ostilità, il Ministro dell'Interno chiese ai Prefetti l'elenco nominativo degli ebrei residenti nelle loro circoscrizioni che, sospettati di attività antipatriottica o propaganda disfattista, fossero passibili di internamento in apposite località o in Campi di Internamento nell'entroterra d'Italia centro-meridionale (11). Nel Settembre del 1940 già esistevano 15 campi di internamento, tra i quali quello di Sforzacosta in Macerata (12). Il 15 Giugno venne emanato l'ordine di arresto per gli ebrei apolidi e stranieri tra i 18 e i 60 anni, mentre donne e bambini dovevano essere avviati al internamento". 3.777 persone furono soggette al decreto (13). Il successivo provvedimento preso il 6 Maggio 1942 quando, la volontà di colpire l'elemento ebraico e l'emergenza di impiegare ogni forza utile alla nazione in guerra, portò alla precettazione civile degli ebrei a scopo di lavoro. Erano soggetti al provvedimento tutti "gli appartenenti alla razza ebraica, anche se discriminati, tra i 18 e i 55 anni", mentre per i renitenti era prevista la denuncia al Tribunale Militare (14). L'andamento della precettazione si svolse però in Italia con lentezza: molti, inizialmente precettati, furono poi dispensati cosicché dei 15.517 di essi, solo 2.038 vennero effettivamente inviati coercitivamente al lavoro (15). Un anno dopo (25 Luglio 1943), la caduta di Mussolini non provocò sul momento alcuna revoca dei provvedimenti antisemiti in quanto il governo Badoglio aveva l'intenzione di evitare lo scontro aperto con il regime nazista che era ancora "un alleato" dell'Italia (16). Vennero liberati solo gli internati politici, tranne gli anarchici e i comunisti (17). Solamente dopo l'annuncio dell'armistizio furono rilasciati gli ebrei stranieri internati, ma il provvedimento fu presto revocato (18). L'8 Settembre, infatti, segnò per gli ebrei l'inizio della fase finale, quella più cruenta, della tragedia che stavano vivendo. L'immediata occupazione da parte tedesca dell'Italia centro-nord, fece si che il governo tedesco si avviasse all'attuazione della "soluzione finale" del problema ebraico in Italia. In conseguenza di ciò, il 16 Ottobre a Roma avvenne la "razzia" del ghetto: ben 1.259 ebrei - fu la più grande retata in Italia - vennero prelevati dai nazisti e deportati due giorni dopo ad Auschwitz, dove la maggior parte di essi venne uccisa il giorno stesso dell'arrivo (19). Ma solo il 30 Novembre cominciò ufficialmente la persecuzione fisica di tutti gli ebrei. Il Ministro dell'interno dispose che "tutti gli ebrei, anche se discriminati, a qualunque razza appartengano e comunque residenti nel territorio nazionale, debbano essere inviati in appositi Campi di Concentramento". Venne stabilita anche la confisca di tutti i loro beni mobili ed immobili, ufficialmente destinati "agli indigenti sinistrati dalle incursioni aeree nemiche". Gli ebrei nati da matrimonio misto dovevano invece essere soggetti a speciale vigilanza: "debbono pertanto essere concentrati gli ebrei - così concludeva la disposizione - in campi di concentramento provinciali in attesa di essere inviati in campi di concentramento speciali, appositamente attrezzati" (20). Il 10 Dicembre 1943 il capo della polizia Tamburrini, con un dispaccio, esentava dal provvedimento gli anziani ultra set- tantenni, gli ammalati gravi e gli ebrei "misti" (21). Il principale campo di raccolta provvisorio di ebrei destinati ai campi di Auschwitz e Bergen Belseni, fu quello di Fossoli di Carpi. Qui confluirono da tutte le località italiane. 6.746 furono gli ebrei deportati dall'Italia e di essi solo 830 sopravvissero (22).
NOTE:1) R. De
Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo. - Torino, Ediz. Einaudi, 1972,
pag.275
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