Gerusalemme nella tradizione cristiana
Ho menzionato ora la
letteratura dei fadha'il al-Kuds e la sua notevole fioritura durante il periodo delle
crociate, cioè quando la nostalgia dei ,cristiano per la Terra Santa e per la Gerusalemme
terrestre, come anche altri impulsi meno lodevoli e meno cristiani, aveva raggiunto il suo
acme. 'entusiasmo dei cristiani per la città santa celebrò il suo trionfo, in maniera
molto poco cristiana, con la conquista di Gerusalemme da parte dei crociati nel 1099.
L'entusiasmo musulmano trionfò a sua volta con la riconquista della città da parte di
Saladino e con la rimozione della croce dorata dalla sommità del duomo dove era stata
posta dai crociati. Ma 'atteggiamento dei cristiani verso la Terra Santa e la Città Santa
è molto più complesso e non è stato sempre e inequivocabilmente uguale a quello dei
crociati. Un incidente dei tempi della seconda crociata illustra questa ambiguità.
Intorno al 1129, un
chierico inglese di nome Filippo, dalla diocesi di Lincoln partì in pellegrinaggio per la
Terra Santa. Strada facendo egli si fermò a Clairvaux (Chiaravalle). Poco dopo il vescovo
di Lincoln ricevette una lettera dall'abate di Clairvaux, che gli annunciava che -Filippo
era arrivato sano e salvo e molto rapidamente alla sua destinazione, e che intendeva
rimanere lì per sempre. "Egli è entrato nella Città Santa e ha scelto il suo
retaggio... Egli non è più un uomo che ~a alla ricerca della sua via, ma un abitante pio
e un cittadino stabile di Gerusalemme". Ma questa Gerusalemme, "se voi volete
saperlo, è ,Clairvaux. Essa è la Gerusalemme unita a quella che è in cielo da una
profonda pietà, dalla conformità della vita e da una certa affinità spirituale" (11)
a vera dimora del
cristiano--secondo la concezione medievale--è la Gerusalemme celeste. Non che egli debba
disprezzare la Gerusalemme terrestre, ma la vera Gerusalemme terrestre che è "unita
a quella che è in :cielo" è dovunque si viva la vita cristiana perfetta. Si
riconosce in questa lettera la voce dello stesso abate di Clairvaux che, nel 1131,
rifiutò 'offerta fatta dal re crociato di Gerusalemme, Baldovino II, del sito di San
,Samuele (noto anche come Monte della Gioia o Mons Gaudii) a nord- ovest di Gerusalemme, e
che incoraggiò i Premostratensi a stabilirvisi al ) posto dei Cistercensi. Eppure lo
stesso San Bernardo predicò la seconda :crociata e favorì l'istituzione del nuovo ordine
dei Templari. C'è qui, "in nuce", in essenza, la tarda versione medievale di
una fondamentale ambiguità, o dialettica, cristiana.
invero, per molti secoli
la cristianità si è dibattuta fra i due corni del dilemma della Gerusalemme celeste
contrapposta alla Gerusalemme terrestre (12). Il Nuovo
Testamento stesso manifesta una notevole tendenza verso ciò che si potrebbe chiamare una
"deterritorializzazione" del ,concetto di santità, e una conseguente
dissoluzione delle sue componenti spaziali. Il centro della santità non è il Tempio e il
suo Sancta Sanctorum, ma Cristo; non la Città Santa o la Terra Santa costituiscono
l"'area" della santità, ma la nuova comunità, il corpo di Cristo. (13). Tuttavia per le generazioni posteriori di cristiani, la
terra in generale e Gerusalemme in particolare erano la scena sulla quale si erano svolti
gli eventi più importanti della storia. Il mistero dell'incarnazione e della redenzione
aveva avuto luogo lì. L'atto divino della salvazione, nonostante il suo significato
universale--e cosmico, secondo alcuni dei primi Padri della Chiesa--aveva avuto lì la sua
sede e la sua manifestazione incarnata. La Natività e gli eventi che l'avevano preceduta,
l'infanzia e la maturità di Cristo, il suo ministero e la sua predicazione, il compimento
del suo ministero nella sua passione, la sua resurrezione e la sua ascensione, la nascita
della Chiesa nel giorno della Pentecoste e gli inizi della prima comunità cristiana,
tutti questi fatti avvennero in questa particolare città e in questa terra, e non importa
se i luoghi nei quali secondo la tradizione essi si svolsero siano storicamente
"autentici" o no.
Nessuna meraviglia,
perciò, che i cristiani abbiano sempre considerato e amato la Palestina come una
"terra santa" e Gerusalemme come una "città santa", e che i
pellegrini siano venuti in tutti i tempi a visitare questi luoghi collegati al mistero
della salvazione e a permeare le loro anime delle benedizioni di questo mistero nel luogo
stesso della sua manifestazione terrestre e storica. Tuttavia si affermava contempo-
raneamente anche la già menzionata tendenza alla "deterritorializzazione", e
molte delle grandi figure della storia della cristianità esprimevano dei dubbi su ciò
che a loro sembrava, almeno potenzialmente, un modo rozzo, non spirituale, e perciò
imperfetto, di avvicinarsi al mistero. Commentando le parole di Gesù "se qualcuno ha
sete, lasciate che venga a me e che beva" (Giovanni 7:37), Sant'Agostino ha scritto:
Quando abbiamo sete, noi
dobbiamo venire non con i nostri piedi ma con i nostri sentimenti, dobbiamo venire non con
il nostro camminare ma con il nostro amore. in senso interiore amare e camminare. Una cosa
e muoversi con il corpo, una tra cosa è muoversi con il cuore. Chi cammina con il corpo
cambia di posto con il movimento del corpo, chi cammina con il cuore cambia i suoi
sentimenti con ilmovimento del cuore(14).
Altre voci si levavano
contro i pellegrinaggi, mettendo in dubbio il loro valore. San Gregorio di Nissa in una
delle sue lettere scriveva (15):"Consigliate dunque ai
fratelli di elevarsi dal corpo a Dio, piuttosto che dalla Cappadocia alla Palestina",
ma egli stesso aveva fatto un pellegrinaggio a Gerusalemme. San Girolamo, sebbene avesse
scelto di trascorrere la parte migliore della sua vita a Betlemme, dichiarava (16):"Il santuario celeste è aperto dalla Britannia non meno
che da Gerusalemme, perché il Regno di Dio è dentro di voi", e molti scrittori
mistici posteriori lasciavano intendere che i pellegrinaggi non erano sempre o
necessariamente un mezzo di santificazione. Il protestantesimo a adottato questa tendenza
della tradizione cristiana, esaltandola elaborandola, e non è necessario ricordare la
beffa del poeta puritano sua descrizione del paradiso degli stolti (17):
Qui vagano i pellegrini,
che si spersero cosi lontano per cercare sul Golgota, morto, colui che vive in cielo.
Altri hanno sognato di
una Gerusalemme terrestre ma onnipresente, una Gerusalemme che potrebbe essere costruita
"nel verde e ameno paese l'Inghilterra". Ma, ancora una volta, come per spiegare
la suddetta .ambivalenza cristiana su questo punto, sono stati gli studiosi protestanti
che hanno dato il maggiore impulso ai moderni studi di archeologia e antichità bibliche (18).
La Gerusalemme celeste
In linea generale,
tuttavia, la religiosità cristiana si è basata sul principio che il movimento del corpo
e quello del cuore non sono incompatibili e che, al contrario, il primo può stimolare e
favorire il secondo. Ma questa soltanto una parte--e forse la meno importante--della
questione. Noi abbiamo già incontrato un leitmotiv fondamentale del pensiero cristiano
ella lettera di San Bernardo al vescovo di Lincoln: l'idea della Gerusalemme celeste, che
è la vera, l'essenziale, e di cui ogni possibile Gerusalemme terrestre non è che un
pallido riflesso. Le origini di questa concezione di una Gerusalemme celeste si trovano
nell'ebraismo dell'epoca del secondo Tempio; riparleremo fra breve di ciò, così come
quella sviluppo di questa idea nel periodo posteriore alla distruzione del secondo Tempio,
nell'ebraismo tannaitico e amoraico, cioè nell'ebraismo rabbinico (19)
Il monte Sion e la città del Dio vivente sono esplicitamente identificati con la
Gerusalemme celeste nell'Epistola agli ebrei 12:22, e non c'è nessun bisogno di citare
per intero la visione apocalittica della gloriosa Gerusalemme celeste, brillante d'oro e
adorna di zaffiri, come è descritta nel capitolo 21 dell'Apocalisse di San Giovanni.
Questo capitolo a avuto una durevole influenza sul simbolismo cristiano, ma si potrebbe
forse osare una generalizzazione e dire che questa influenza si è sentita soprattutto nel
quadro della tendenza alla spiritualizzazione e alla deterritorializzazione", di cui
si è già fatta menzione. Gerusalemme è essenzialmente la Gerusalemme celeste, e la
Gerusalemme celeste è archetipo della Chiesa. Come ogni città che è una metropoli,
cioè una città che nel senso letterale del termine e nel senso di archetipo è una madre
per i suoi figli
L'esame dei canti di Sion
nella poesia cristiana meriterebbe di essere l'oggetto di uno studio particolare. Chi non
ha ascoltato con emozione e batticuore la struggente speranza di salvazione espressa in
più di un 'Negro spiritual' sul tema di Gerusalemme? Chi non ha sentito un'esaltazione
spirituale nell'ascoltare il canto corale tedesco Jerusalem, Du hochgebauie Stadt, così
ricco di tensioni? Quanto a 'Gerusalemme d'oro', strettamente collegata per la maggior
parte degli israeliani alla bellissima canzone di Naomi Shemer, che dal 1967 è divenuta
un'espressione del sentimento popolare israeliano ancor più genuina dell'inno nazionale,
pochi di essi sanno, io sospetto, che nella raccolta degli inni della chiesa anglicana si
trova un poema recante lo stesso titolo, il quale, a sua volta, trae origine da un più
antico inno medievale. Nel rito latino, ogni volta che viene consacrata una nuova chiesa--
poiché ogni chiesa riflette la chiesa celeste in cui tutti i figli di Dio sono riuniti si
canta il seguente bellissimo inno:
Urbs Jerusalem beata
Dicta pacis visio
auae construi ur in coelis
Vivis ex lapidibus
Plateae et muri ejus
Ex auro purissimo
così anche la
Gerusalemme celeste," la gerusalemme che è in alto", è, secondo l'apostolo
paolo (galatei 4:26), "la madre di tutti noi". infatti, la città come madre,
cioè la gerusalemme celeste che è la madre di tutti noi, si identifica pienamente con la
mater ecclesia l'eliminazione, a tutti i fini pratici, dell'escatologia storica concreta
nei secoli che intercorrono fra l'apocalisse e sant'agostino, ha prodotto una immagine
cristiana della gerusalemme celeste che è puramente spirituale. questa entità celeste e
spirituale, di cui la chiesa in questo mondo è un riflesso terrestre, è la dimora di dio
che risiede in mezzo al suo popolo fedele e santificato. questa visione spirituale
dell'umanità unita a dio, largamente espressa nella formulazione di immagini allegoriche
e omiletiche, è stata soltanto in parte controbilanciata dalle tradizioni della
religiosità popolare, dai pellegrinaggi, e dalle esplosioni di entusiasmo come quelle di
cui dà testimonianza il periodo delle crociate.
Ma forse la composizione
più bella e commovente di tutta la poesia cristiana su questo tema è un canto scritto da
Abelardo, non in onore di Eloisa, ma in onore di quel giorno perfetto che è Sabato eterno
e eterna gioia. Nella scia del simbolismo tradizionale, Abelardo identificava questo
eterno Sabato con la Gerusalemme celeste, I'uno simbolo cosmico-temporale, l'altra simbolo
cosmico-spaziale di eterna benedizione e perfezione:
O quanta qualia
Sunt illa sabbata
auae semper celebrat
Superna curia
Quae fessis requies
auae merces fortibus
Cum erit omnia
Deus in omnibus
Vera Jerusalem
Est illa civitas
Cujus pax iugis est
Summa iucunditas.
Non so che cosa avrebbe
detto Abelardo se avesse saputo che questa combinazione del simbolismo di Gerusalemme e
del Sabato, giunta a lui dal tesoro delle figurazioni allegoriche cristiane, avrebbe
prodotto più tardi alcuni fenomeni molto strani nell'ambito delle sette. Il grande
risveglio religioso di molte tribù 8antu nell'Africa del sud (e sul quale il vescovo
Bengt Sundkler ha scritto un pregevolissimo libro2') ha dato vita a centinaia di chiese e
sette, di cui alcune hanno la parola Sion nella loro denominazione, altre usano anche la
stella di David a sei punte come simbolo; alcune di esse hanno nomi strani come 'IThe
Apostolic Jerusalem Church in Sabbath in Zion". Questo aspetto della que_ ._.._ esula
dalla sfera del presente studio.
L'innologia cristiana è
quasi esclusivamente celeste. Come dice il poeta mediovale, Gerusalemme è la
Urbs Sion unica, mansio
mystica, condita coelo.
Quanto al fatto che
Gerusalemme ha anche una dimensione terrestre, geografica, come città santa, la sua
importanza consiste soprattutto nella sua qualità di testimonianza di avvenimenti sacri
accaduti in alcuni luoghi che essa contiene--i "luoghi santi".
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