Fisicamente, i fotoni provenienti dal Sole non esercitano una spinta degna di nota sulla Luna. Al livello della meccanica quantistica, tuttavia, l'effetto di tutte quelle collisioni apparentemente trascurabili ma numerose è quello di tenere le singole funzioni d'onda degli atomi della Luna in uno stato di costante riaggiustamento. Le funzioni d'onda vengono mescolate, randomizzate, risistemate. Un singolo « stato quantico » della Luna nel suo insieme è un insieme specifico di funzioni d'onda atomiche, e ora vediamo che i fotoni del Sole le rimescolano, facendo quindi permanere lo stato quantico della Luna in un flusso costante. Questo fatto risulta essere sufficiente a liquidare qualsiasi idea che la Luna possa esistere in una sovrapposizione quantistica macroscopica, la quale se fosse vera dovremmo dire che la Luna si trova in parte in una posizione sulla sua orbita, in parte in un'altra posizione, ma in realtà in nessuna delle due. Questa è ancora decoerenza all'opera; la costante randomizzazione fra possibili stati quantici singoli della Luna cancella rapidamente qualsiasi sovrapposizione macroscopica coerente di stati per la Luna nel suo insieme. Non che gli effetti di queste collisioni di fotoni sulla Luna siano tanto grandi, ma il mantenimento di uno stato sovrapposto coerente per un oggetto così grande come la Luna richiede una precisione impossibilmente grande di aggiustamento di tutte le singole funzioni d'onda atomiche che costituiscono lo stato complessivo della Luna. Una sovrapposizione di stati corrispondente all'ipotesi che la Luna si trovi simultaneamente in due diverse posizioni non è impossibile, come non è impossibile una sovrapposizione degli stati « per metà vivo, per metà morto » per il gatto. Entrambe le cose sono però così straordinariamente improbabili che in pratica non accadono mai, e quand'anche dovessero temporaneamente accadere, svanirebbero subito dopo con una rapidità quasi incalcolabile.
D Lindley. La luna di Einstein. Longanesi, 1996: 227 – 228.
Se la particella è stata localizzata, anche la sua onda corrispondente deve per forza trovarsi lì e non dall'altra parte. Questo fenomeno è detto collasso della funzione d'onda: quando noi (con una macchina, in questo caso) «osserviamo» una fenditura, costringiamo l'onda associata a una particella a passare da una parte sola, e non più da tutte e due le parti allo stesso tempo. Dunque non appare la figura d'interferenza, perché l'onda non ha più nulla con cui interferire.
L'osservazione (o meglio la misura) distrugge l'interferenza. Se nessuno prova a fare misure, la particella passa felice e contenta attraverso entrambe le fenditure; non appena salta fuori il rivelatore, deve scegliere un solo percorso. La misura, in altre parole, la disturba in qualche modo. Interrogata, è costretta a confessare che si trova in un certo posto e non in due punti contemporaneamente.
È interessante notare che il disturbo avviene comunque, anche se il rivelatore non scatta. Poniamo che l'apparecchio sia sulla fenditura destra; se la particella passa dalla parte sinistra, il rivelatore non registra nulla, ma comunque la figura di interferenza non si crea. Basta la presenza della macchina, anche se non è vicina alla particella (non è sconcertante?). E non è necessario che si tratti di una macchina in senso macroscopico: per far cessare l'interferenza basta un sistema, anche minuscolo, che riesca a sapere qualcosa sulla posizione della particella. È sufficiente che questa urti contro un elettrone o una molecola d'aria, ad esempio, e l'interferenza svanisce.
Adesso è chiaro perché i corpi più grandi, come i sassi, gli uomini e i pianeti, non hanno il dono dell'ubiquità: interagiscono di continuo con l'ambiente esterno, urtano i fotoni e le molecole d'aria e quindi vengono localizzati. Gli oggetti macroscopici si scontrano costantemente con quelli microscopici, e in tal modo questi ultimi riescono a ottenere informazioni sui primi. Il risultato è che i corpi visibili si mostrano a noi in un luogo preciso.
Il processo con il quale l'ambiente circostante distrugge la possibilità di interferenza, e quindi la natura ondulatoria degli oggetti, è detto decoerenza. La decoerenza è continua nel mondo.
Ricordiamo cosa abbiamo detto nel capitolo precedente a proposito dell'aumento di entropia: quasi tutte le interazioni tra corpi fanno sì che uno dei due ricavi informazioni sull'altro, e viceversa. La diffusione dell'igno¬ranza mostra che questi incessanti rapporti fanno aumentare l'entro¬pia individuale delle cose. Allo stesso modo, un meccanismo analogo di continue interazioni fa sì che i corpi visibili si comportino in modo più classico che quantistico.
Seth Lloyd - Il Programma dell'Universo. 2006 Einaudi Torino Pag 98