docilità

Gli esseri umani geneticamente inclini alla docilità sono, ceteris paribus, più adatti di coloro che non sono docili.
In questo caso la docilità indica una tendenza ad accettare la conoscenza e i consigli trasmessi mediante i canali sociali. In questo contesto la docilità connota un'inclinazione a imparare o a credere, ma non necessariamente a essere arrendevoli o passivi. Le persone docili imparano prontamente nelle situazioni sociali e tendono ad acquisire condotte e convinzioni socialmente approvate in materia di fatti e di valori. La docilità può avere sia una componente cognitiva sia una componente motivazionale.
Sul fronte cognitivo la docilità comporta convinzioni legittimate dai processi sociali (informazioni ricevute da fonti qualificate) e non da convinzioni fondate su dimostrazioni empiriche valutate dal soggetto stesso. Sul fronte motivazionale essa implica accettazione sulla base della legittimazione e dell'approvazione sociale e non sulla base di pulsioni e motivi individuali non acquisiti a livello sociale.

SIMON HA. (2000). Scienza economica e comportamento umano. Edizioni di Comunità. pp 42-44

diventare ciò che si fa

La natura dell'uomo è capace tanto di cannibalismo quanto di critica della ragion pura. 
Non dobbiamo pensare che l'uomo faccia ciò che è. 
L'uomo diventa ciò che fa (e perché lo faccia, la sa Iddio).

MUSIL R. L'Europa abbandonata a se stessa. pp 67- 68 (citato in MEIER C. Da Atene a Auschwitz. Il Mulino, 2004. p 59)

dispotismo democratico

Immaginiamo sotto quali nuovi aspetti il dispotismo potrebbe prodursi nel mondo: vedo una folla innumerevole di uomini simili ed uguali che non fanno che ruotare su sé stessi, per procurarsi piccoli e volgari piaceri con cui saziano il loro animo. Ciascuno di questi uomini vive per conto suo ed è come estraneo al destino di tutti gli altri: i figli e gli amici costituiscono per lui tutta la razza umana; quanto al resto dei concittadini, egli vive al loro fianco ma non li vede; li tocca ma non li sente; non esiste che in sé stesso e per sé stesso, e se ancora possiede una famiglia, si può dire per lo meno che non ha più patria.

Tocqueville (de), Alexis. La democrazia in America (Italian Edition) (pp.569-570). UTET. Edizione del Kindle. 

discolpa

Ritorna il mantra della preoccupazione: "Ma come andrà a finire?". Non stiamo forse tendendo a una società "clinicizzata" al cento per cento, nella quale nessuno sarà più responsabile e tutti saranno vittime di una certa sfortunata caratteristica presente nel loro ambiente (natura o cultura)?
No, non è così, perché ci sono delle forze - non forze metafisiche misteriose, ma forze sociali e politiche facilmente individuabili - che si oppongono a questa tendenza, e sono dello stesso tipo, di fatto, delle forze che impediscono che l'età minima per la guida salga, diciamo, a trent'anni! 
La gente vuole che la si possa giudicare responsabile. 
I benefici di cui godono tutti i cittadini che occupano una buona posizione all'interno di una società libera sono così diffusamente e profondamente apprezzati che c'è sempre una potente presunzione a diventare come loro. La colpa è il prezzo che dobbiamo pagare per il riconoscimento, e lo paghiamo con piacere nella maggior parte delle circostanze. Paghiamo caro, accettando la punizione e l'umiliazione pubblica per avere una possibilità dì tornare nel gioco dopo essere stati sorpresi nel compimento di qualche trasgressione. E quindi, la migliore strategia per poter tenere le posizioni contro la discolpa strisciante è chiara: proteggere e incrementare il valore delle partite che una persona sta giocando se è un cittadino in una buona posizione. 
È l'erosione di questi benefici, non la marcia in avanti delle scienze umane e biologiche, che minaccia l'equilibrio sociale (ricordare lo slogan cinico che ha accompagnato la decadenza e il collasso finale dell'URSS: loro fanno finta di pagarci e noi facciamo finta di lavorare).

DC Dennett. L'evoluzione della libertà. Raffaello Cortina, 2004: 387 

determinismo e libertà

Uno strumento per riflettere sul determinismo

II determinismo è la tesi che afferma che "per ogni istante c'è solamente un futuro fìsicamente possibile" (Van Inwagen, 1983, p. 3). Può sembrare che questo concetto non sia particolarmente ostico da comprendere, ma è incredibile quanto spesso anche pensatori molto sofisticati riescano a farsene un'idea completamente sbagliata.
In primo luogo, vari studiosi partono dal presupposto che il determinismo implichi l'ineluttabilità. Ma non è cosi. 
In secondo luogo, molti arrivano a pensare che sia una cosa ovvia che l'indeterminismo - la negazione del determinismo - possa concedere ad agenti come noi quella libertà, quella manovrabilità, quello spazio di azione, che semplicemente non potremmo avere in un universo deterministico. Ma non è così. 
E, terzo, è una credenza diffusa che in un mondo deterministico non ci siano possibilità di scelta reali, ma solo apparenti. Questo è falso.
Veramente?
Ho appena contraddetto tre argomenti tanto centrali nelle discussioni sul libero arbitrio e così raramente messi in discussione, che molti lettori potrebbero pensare che stia scherzando, o stia rivestendo le mie parole di qualche significato esoterico. No, sto affermando che il compiacimento che consente a queste argomentazioni di venir tanto placidamente accettate è in sé un grave errore.

DC Dennett. L'evoluzione della libertà. Raffaello Cortina, 2004: 33.

determinismo

Ma come possiamo avere sia una spiegazione, con i suoi requisiti di causazione secondo leggi scientifiche, sia una responsabilità, con i suoi requisiti di libero arbitrio? Per averle entrambe non è necessario risolvere l'antica e forse insolubile antinomia fra libero arbitrio e determinismo. Dobbiamo soltanto riflettere con chiarezza su ciò che ci proponiamo di ottenere con la nozione di responsabilità. Quale che possa essere il suo intrinseco valore astratto, la responsabilità ha una funzione eminentemente pratica: dissuadere da un comportamento pregiudizievole. Quando diciamo che riteniamo qualcuno responsabile di un atto iniquo, ci aspettiamo che egli si autopunisca - risarcendo la vittima, accettando l'umiliazione o la pena che ne derivano o esprimendo un credibile rimorso - e ci riserviamo il diritto di punirlo noi stessi. Se non si è disposti a subire qualche spiacevole (e quindi dissuasoria) conseguenza, le assunzioni di responsabilità sono pure ipocrisie.

PINKER S. Tabula rasa. Mondadori, 2005. p 223.

destrimani

Dunque pare proprio che ci sia un rapporto fra l’asimmetria dell’uso delle mani e quella della gestione della lingua. Se è così, le mani potrebbero essere il sentierino che ci porta alle origini della lingua.

Johansson, Sverker. L'alba del linguaggio (Italian Edition) (posizioni nel Kindle 2773-2774). Ponte alle Grazie. Edizione del Kindle. 

decoerenza

Fisicamente, i fotoni provenienti dal Sole non esercitano una spinta degna di nota sulla Luna. Al livello della meccanica quantistica, tuttavia, l'effetto di tutte quelle collisioni apparentemente trascurabili ma numerose è quello di tenere le singole funzioni d'onda degli atomi della Luna in uno stato di costante riaggiustamento. Le funzioni d'onda vengono mescolate, randomizzate, risistemate. Un singolo « stato quantico » della Luna nel suo insieme è un insieme specifico di funzioni d'onda atomiche, e ora vediamo che i fotoni del Sole le rimescolano, facendo quindi permanere lo stato quantico della Luna in un flusso costante. Questo fatto risulta essere sufficiente a liquidare qualsiasi idea che la Luna possa esistere in una sovrapposizione quantistica macroscopica, la quale se fosse vera dovremmo dire che la Luna si trova in parte in una posizione sulla sua orbita, in parte in un'altra posizione, ma in realtà in nessuna delle due. Questa è ancora decoerenza all'opera; la costante randomizzazione fra possibili stati quantici singoli della Luna cancella rapidamente qualsiasi sovrapposizione macroscopica coerente di stati per la Luna nel suo insieme. Non che gli effetti di queste collisioni di fotoni sulla Luna siano tanto grandi, ma il mantenimento di uno stato sovrapposto coerente per un oggetto così grande come la Luna richiede una precisione impossibilmente grande di aggiustamento di tutte le singole funzioni d'onda atomiche che costituiscono lo stato complessivo della Luna. Una sovrapposizione di stati corrispondente all'ipotesi che la Luna si trovi simultaneamente in due diverse posizioni non è impossibile, come non è impossibile una sovrapposizione degli stati « per metà vivo, per metà morto » per il gatto. Entrambe le cose sono però così straordinariamente improbabili che in pratica non accadono mai, e quand'anche dovessero temporaneamente accadere, svanirebbero subito dopo con una rapidità quasi incalcolabile.
D Lindley. La luna di Einstein. Longanesi, 1996: 227 – 228.

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