Nel 1900 Jules Henri Poincaré, matematico e fisico francese, guastò la festa dando un grande contributo a ciò che da allora è conosciuto come il problema dei tre corpi o problema degli n-corpi, che aveva appassionato i matematici fin dai tempi di Newton. Le leggi di Newton applicate al moto dei pianeti erano in tutto e per tutto deterministiche: questo implicava che conoscendo la posizione iniziale e la velocità dei pianeti, sarebbe stato possibile determinarne in modo accurato posizione e velocità future (così come quelle passate, se è per questo). Il problema era che le misure iniziali, in qualunque modo venissero prese, non avevano una precisione assoluta e contenevano sempre un piccolo grado di errore; ciò non costituiva una vera preoccupazione, perché si pensava che quanto più piccola fosse stata l'imprecisione della misura iniziale, tanto più piccola sarebbe stata quella della risposta prevista.
Poincaré scoprì che mentre i sistemi astronomici semplici seguono la regola per cui riducendo l'imprecisione iniziale si riduce sempre l'imprecisione della previsione finale, lo stesso non valeva per i sistemi astronomici costituiti da tre o più corpi orbitanti e interagenti. Au contraire! Egli scoprì che differenze anche minime nelle misurazioni iniziali nel tempo aumentavano e in modo piuttosto rapido, dando origine a risultati assai diversi da quanto ci si sarebbe aspettati basandosi sui calcoli matematici. Egli concluse che l'unico modo per ottenere previsioni accurate per sistemi complessi di tre o più corpi astronomici fosse quello di disporre di misure assolutamente precise relative alle condizioni iniziali, cosa però impossibile anche in linea teorica: qualsiasi minima deviazione da una misurazione assolutamente precisa, nel tempo, produrrebbe una previsione deterministica poco meno indeterminata di una fatta in modo casuale. In questi sistemi, oggi noti come sistemi caotici, l'estrema sensibilità alle condizioni iniziali viene chiamata instabilità dinamica o caos, e le previsioni matematiche a lungo termine non sono più accurate di quelle prodotte da una casualità totale. Il problema di un sistema caotico, quindi, è che anche in linea teorica è impossibile fare previsioni precise a lungo termine utilizzando le leggi della fisica.
Gazzanica M. Chi comanda? Scienza, mente e libero. Codice Edizioni; 2014
Formato Kindle - ASIN: B00HW6L12Q; posizione: 2198
Una lingua che non presentasse i tratti comuni a tutti gli idiomi parlati oggigiorno avrebbe un aspetto del tutto diverso da quello a cui siamo abituati. Fino a che punto può variare, senza per questo cessare di essere una lingua? Nel paragrafo sui denominatori comuni a tutte le lingue abbiamo preso in esame la lista di Hockett e abbiamo constatato che solo i punti 6, 10 e 12 sono veri universali linguistici:
6. La lingua è una comunicazione intenzionale.
10. La lingua può parlare di cose non presenti qui e ora.
12. La lingua può mentire.
Più oltre, nello stesso paragrafo, abbiamo stilato una nuova lista di caratteristiche comuni a tutte le lingue:
Tutte le lingue sono dotate di unità che in qualche modo si possono definire ‘parole’.
Tutte le lingue distinguono tra sostantivo e verbo.
Tutte le lingue hanno interiezioni (ah, bah, boh, ahia, uffa), che si collocano un po’ ai margini della grammatica vera e propria.
Tutte le lingue ordinano i loro elementi costitutivi in base a una gerarchia.
Tutte le lingue compongono i loro elementi costitutivi in una sorta di struttura.
Tutte le lingue sono sistemi aperti: il parlante è libero di coniare parole nuove.
Tutte le lingue sono sistemi flessibili: il parlante ha una certa libertà nel modo di espressione.
Tutte le lingue hanno regole grammaticali valide per gruppi di parole, non per le parole singole.
Tutte le lingue possono esprimere un numero illimitato di concetti, talché ogni idea umana è esprimibile a parole in qualunque lingua.
Quali elementi di queste due liste si possono espungere? Di quanti di essi può fare a meno una lingua, prima che la si debba spogliare della qualifica stessa di lingua?
Johansson, Sverker. L'alba del linguaggio (Italian Edition) (posizioni nel Kindle 4681-4695). Ponte alle Grazie. Edizione del Kindle.
A questo punto raduniamo i frammenti rimasti e vediamo, dopo avere eliminato tutto ciò che è superfluo, quanta parte della lingua è rimasta: l’intenzionalità, le parole e l’ampliabilità. Tutto qui.
Johansson, Sverker. L'alba del linguaggio (Italian Edition) (posizioni nel Kindle 4723-4725). Ponte alle Grazie. Edizione del Kindle.
Il principio "un uomo - un voto" assieme alla "libertà d'accesso" nell'apparato statale (cioè la democrazia) implica che ogni individuo e la sua proprietà personale siano messi alla portata di tutti gli altri e che quest'ultima subisca un saccheggio.
Si verifica una "tragedia dei beni comuni".
Ci si può attendere che le maggioranze di have-nots tentino senza tregua di arricchirsi a spese delle minoranze di haves.
Ciò non significa che ci sarà solo una classe di haves e una sola categoria di have-nots, e che la redistribuzione si farà esclusivamente dai ricchi verso i poveri. Al contrario, mentre la redistribuzione dai ricchi ai poveri giocherà sempre e in ogni luogo un ruolo fondamentale, sarebbe un errore sociologico supporre che essa sarà la sola e la predominante forma di redistribuzione.
Dopotutto, coloro che sono "permanentemente" ricchi e coloro che sono "permanentemente" poveri lo sono in genere per una buona ragione, I ricchi sono, di regola, intelligenti e industriosi, mentre i poveri sono generalmente sciocchi, pigri, o tutt'e due le cose insieme.
Non ci sono molte possibilità che gli imbecilli, anche se costituiscono la maggioranza, siano sistematicamente più furbi della minoranza degli individui brillanti ed energici e riescano ad arricchirsi a loro spese. Piuttosto, la maggior parte delia redistribuzione si farà in favore del gruppo dei "non-poveri", e succederà spesso che saranno i più ricchi che riusciranno a farsi sovvenzionare dai più poveri. Pensate solamente alla pratica quasi universale degli studi universitari sostanzialmente "gratuiti", grazie ai quali la classe operaia, i cui figli raramente frequentano l'università, è costretta a sovvenzionare la formazione dei figli della classe media.
Hoppe HH. Democrazia: il dio che ha fallito. Liberi Libri; 2005: 152.
Nella comunicazione-codice il fulcro è il messaggio da inviare, mentre nella comunicazione-puzzle il fulcro è la procedura con cui l’ascoltatore lo ricostruisce. In ambedue i casi, al centro della scena c’è il messaggio, e l’atto di parlare consiste appunto nel trasmetterlo, ma Dor fa un passettino in più, superando la comunicazione-puzzle e spostando l’attenzione dal messaggio, per concentrarsi invece su ciò che la comunicazione desta nella mente dell’ascoltatore. Per Dor, l’obiettivo del parlante non è comunicare un certo messaggio, ma far sì che l’ascoltatore abbia un certo pensiero. Dor considera la lingua come una tecnologia sociale, uno strumento mirato alla trasmissione di pensieri. Come abbiamo appurato in precedenza, le scimmie sono capaci di fare pensieri piuttosto elaborati e il loro mondo concettuale è assai più ricco di ciò che i loro limitati mezzi espressivi permettono di comunicare. Perciò i pensieri di ogni scimmia restano nella sua testa, e tra lei e i suoi simili non si instaurerà mai quella sinergia che abbiamo invece noi, quando ragioniamo insieme e ci scambiamo idee. Per Dor, la principale differenza tra noi e gli altri primati è questa: il traffico di pensieri. E la lingua è una tecnologia che abbiamo costruito tutti insieme, per renderlo possibile.
Johansson, Sverker. L'alba del linguaggio (Italian Edition) (posizioni nel Kindle 4083-4092). Ponte alle Grazie. Edizione del Kindle.
Tracce culturali palesemente diverse dai manufatti pratici compaiono gradualmente nei siti archeologici a partire da circa duecentomila anni fa, principalmente quelli dell’Homo sapiens in Africa, ma anche in quelli dell’uomo di Neanderthal in Europa. Il cerchio di stalattiti che ho descritto esiste davvero, ed è stato costruito dall’uomo di Neanderthal quasi esattamente 175.000 anni fa. Non sappiamo di preciso che scopo avesse, però è stato trovato a un centinaio di metri dall’uscita della grotta, cioè in un punto troppo interno per essere stato adibito ad abitazione. Sui frammenti di stalattite ci sono tracce di fuliggine. L’uso rituale di questa costruzione è un’ipotesi plausibile.
Le primissime tracce di cultura sono, al momento, rare e di difficile interpretazione, ma via via che si prendono in considerazione reperti meno antichi è sempre più chiaro che l’uomo dell’epoca non viveva di solo pane: poco per volta comincia a usare pigmenti per colorare gli oggetti, crea collane di conchiglie, intaglia statuette, incide motivi decorativi su pietre e ossi, fino ad arrivare alle magnifiche pitture rupestri che ancora oggi si possono ammirare in varie parti del mondo.
Johansson, Sverker. L'alba del linguaggio (Italian Edition) (posizioni nel Kindle 4608-4616). Ponte alle Grazie. Edizione del Kindle.
Ma, cosa più importante, anche se i talenti ereditati possono portare al successo socioeconomico, ciò non significa che questo successo sia moralmente meritato. II darwinismo sociale si fonda sul presupposto di Spencer per cui è possibile guardare all'evoluzione per scoprire che cosa è giusto; ciò che è «buono» è riducibile a ciò che «ha evoluzionisticamente successo». Siamo di fronte, qui, a un caso esemplare e famigerato di «fallacia naturalistica»: la convinzione che quanto accade in natura sia buono. (Spencer confondeva inoltre il successo sociale, caratterizzato da ricchezza, potere e prestigio, con il successo evoluzionistico, cioè il numero di discendenti vitali.) Di fallacia naturalistica parlò per primo il filosofo morale G.E. Moore nel 1903 nei suoi Principia ethica, il libro che colpì a morte l'etica di Spencer. Moore applicò la «ghigliottina di Hume», l'argomento per cui, per quanto sia convincentemente dimostrato che qualcosa è vero, non ne segue mai logicamente che debba essere vero, e osservò che è sensato domandarsi: «Questa condotta ha più successo dal punto di vista evoluzionistico, ma è buona?». Il fatto stesso che la domanda sia sensata dimostra che successo evoluzionistico e bontà non coincidono.
PINKER S. Tabula rasa. Mondadori, 2005. p 188